Missioni Consolata - Luglio 2016
ITALIA 14 MC LUGLIO 2016 # Sopra e a destra: immagini della registra- zione di una trasmissione di «Specchio Straniero» che va in onda sulla web radio Amisnet . ma non tutte le famiglie possono permettersi questi viaggi costosi e pericolosi. Bisogna fare delle scelte: se adesso è più pericoloso per me stare in Afghanistan, sono io che devo andarmene ad ogni costo». I ritardi delle istituzioni Con l’affermarsi della rotta balca- nica e la tendenza di molti paesi a rifiutare la protezione umanitaria agli afghani, Trieste è diventata un punto di approdo. Accanto alla stazione c’è un deposito ora semi abbandonato, il silos, che dopo la Seconda guerra mondiale accolse i profughi italiani dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia e ora funge da alloggio precario per quasi tutti i giovani asiatici nei primi giorni dal loro arrivo, a volte anche per più tempo. Una situazione che il Comune cerca di gestire per trasferire le persone prima possibile in appar- tamenti. I richiedenti asilo accolti in città sono circa 900 e da alcuni mesi è partito un progetto per ospitare chi ha già ottenuto i do- cumenti presso famiglie, in modo da favorire la creazione di una rete di contatti e l’inserimento sociale. «Sono molti i progetti ben funzionanti in Italia», afferma Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale dello Sprar, il Si- stema di Protezione richiedenti asilo e rifugiati che coordina le at- tività di accoglienza degli enti lo- cali. È noto anche a livello inter- nazionale il caso di Riace, in Cala- bria, paese che si è ripopolato grazie all’accoglienza. La Tent Foundation , in uno studio pubbli- cato nel 2016, ha sostenuto che per ogni euro speso dagli stati eu- ropei per i rifugiati ce ne saranno due di aumento del Pil. Intanto, però, è andata molto sotto le aspettative l’adesione dei Comuni italiani al bando per progetti di accoglienza Sprar nel 2016, e il 70% dei circa 100mila rifugiati nel nostro paese continua a essere accolto in centri straordinari, con un livello di servizi e possibilità di integrazione non sempre all’al- tezza. «I progetti di accoglienza possono dare occupazione e op- portunità», riprende Daniela Di Capua. «Ma ci tengo a precisare una cosa: noi non accogliamo i ri- fugiati perché muovono l’econo- mia. Li accogliamo perché ab- biamo aderito a una norma inter- nazionale che ci impone di pro- teggere chi fugge. E questa è una cosa che dovrebbe farci molto onore». Giulia Bondi conta la storia a causa della quale ha dovuto lasciare il Bangladesh: «Quest’anno sono morti cinque blogger per terrorismo, e il par- tito politico che è al potere è molto duro verso i dissidenti», spiega tra italiano e inglese. «Ci siamo resi conto che raccontare di sé è essenziale per l’integra- zione», riprende Tomas, che in- sieme a Stefano ha messo in- sieme, a costo bassissimo, l’at- trezzatura di base per realizzare le puntate: un computer con un software di montaggio, due mi- crofoni, due cuffie e una connes- sione a internet. «La maggioranza dei richiedenti asilo che arrivano a Trieste viene dall’Asia e in particolare dall’Af- ghanistan. Si tratta di giovani in- torno ai 18 anni sui quali le fami- glie investono per farli viaggiare, in modo che sfuggano alle mi- nacce di arruolamento e alle vio- lenze dei talebani», ricorda Gian- franco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di solidarietà e rappresentante dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. E Satar traduce lo stesso concetto con parole sue nella rubrica della radio. «Qualcuno si chiede se ab- biamo lasciato le donne e i bam- bini a casa a combattere - dice - © Massimo Tommasini © Massimo Tommasini
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