Missioni Consolata - Luglio 2016
ITALIA 12 MC LUGLIO 2016 ceti tutt’intorno, a tratti interrotti dai filari di kiwi, la nuova coltura che comincia a imporsi soppian- tando il profumo delle zagare. Al piano terra di un piccolo caseg- giato, in una casa che divide con altri quattro ragazzi africani, vive Masimbo, un ex bracciante burki- nabè che in italiano si fa chiamare Massimo. «Prima raccoglievo arance e mandarini, a giornata. Ora lavoro a Palmi, nella raccolta differenziata dei rifiuti, in re- gola», racconta con il viso che si illumina di orgoglio nel pronun- ciare le due parole: «in regola». Contro una parete, le mountain bike sgangherate che servono per andare al lavoro. Contro l’altra, in fila, gli stivali di gomma verdi e marroni, sporchi del fango degli aranceti. Poi c’è un piccolo spazio con due letti e una tv, prima di entrare nel cucinotto comune: un tavolino, qualche mobile di- spensa, fornelli e scaffali ingom- bri di pentole. Masimbo è uno dei 150 giovani africani che oggi vi- vono in case in affitto a Drosi. Rosarno, la tendopoli di San Fer- dinando e la fabbrica occupata che insieme ospitano, in pessime condizioni igieniche, oltre mille braccianti durante la stagione della raccolta degli agrumi, di- stano da qui una decina di chilo- metri. Basta allontanarsi pochi minuti con l’automobile, tra gli aranceti, per trovare altri insedia- menti di braccianti, precari e abu- sivi, in casolari abbandonati. «Qui ogni famiglia ha i suoi emi- granti, chi è andato in Germania, chi in Australia, senza più tornare a casa. È per questo che hanno capito il nostro progetto», rac- conta Francesco Ventrice, per tutti Ciccio, una delle colonne della Caritas di Drosi. È lui, in- sieme ad altri volontari, a pro- porre ai compaesani di sistemare i braccianti nelle case in affitto. L’idea nasce nel gennaio 2010, nei giorni concitati che seguono la rivolta degli africani e le succes- sive violenze e rappresaglie. Men- tre le forze dell’ordine organiz- zano pullman per trasferire centi- naia di immigrati tra Bari e Cro- tone, e molti altri lasciano la piana di Gioia Tauro in treno, di- retti a Nord, a Drosi si decide di puntare sull’accoglienza. «Fin dal 2003 frequentavo gli africani, an- davo in tutti i loro accampamenti per aiutarli, portare vestiti, ascol- tare i loro bisogni», racconta Ven- trice. I braccianti si fidano di lui. I compaesani, pure. Grazie alla fi- ducia e alla mediazione dei volon- tari della Caritas, i primi proprie- tari di case si convincono a met- tere i propri spazi in affitto, a un prezzo concordato e abbordabile, ai giovani africani che, dato il clima di violenza, hanno paura a dormire in baracche e casolari isolati e stanno meditando di an- darsene anche dai dintorni di Drosi. Dalle quattro case messe a dispo- sizione in fretta e furia in quei per cercare in Europa un’occupa- zione qualificata simile a quella che si aveva nel paese di origine ( iamnotarefugee.com ) . Innume- revoli i gruppi Facebook in cui ci si scambia informazioni su come riuscire a portare a termine il viaggio verso l’Europa: dagli orari degli autobus a qual è il prezzo giusto di una corsa in taxi. Così, mentre i confini vengono chiusi da nuovi muri o protetti con il lancio di gas lacrimogeni, su internet ci si aiuta a scavalcare le frontiere e farsi riconoscere nella pratica i diritti che sarebbero ga- rantiti dalle convenzioni interna- zionali. Il paese che affitta ai braccianti Al di là dello stretto di Messina, risalendo la provincia di Reggio Calabria fino alla piana di Gioia Tauro, c’è Drosi, una frazione di 800 abitanti del Comune di Rizzi- coni. Case basse allineate su po- che strade intorno alla chiesa, cactus rigogliosi nei cortili, aran- © Luca Baraldo
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