Missioni Consolata - Giugno 2016

GIUGNO 2016 MC 81 La condanna a morte di Sacco e Vanzetti provocò prote- ste in tutto il mondo, il governo italiano si fece sentire attraverso tutti i canali diplomatici, fior di intellettuali e personaggi di spicco di diverse nazioni scrissero al presi- dente degli Stati Uniti di concedere loro la grazia, in Ita- lia ci fu un’ondata di antiamericanismo tale che biso- gnerà aspettare la guerra del Vietnam per vederne una uguale. In tutti i paesi culla di emigrazione verso gli Stati Uniti, ci furono manifestazioni di sostegno per i due ita- liani, anche negli Usa l’opinione pubblica si divise. Se per la destra veniva finalmente applicata una punizione esemplare a dei delinquenti comuni, altri cittadini, co- scienti che veniva attuata un’ingiustizia macroscopica nei confronti di due italiani innocenti, non volendo che il loro paese apparisse come persecutore degli immi- grati che proprio in quegli anni approdavano a migliaia negli Usa, manifestarono a loro favore. Furono sette anni di inutili ricorsi, perché di fatto quello era ormai diventato un processo politico. Il giudice Webster Thayer, l’uomo che aveva emesso la condanna a morte per Sacco e Vanzetti, disse a un amico: «Hai visto cosa ho fatto a quei due bastardi anarchici italiani, l’altro giorno?». Vanzetti in una delle ultime sedute del processo prima dell’esecuzione, il 19 aprile 1927 fece un breve discorso in cui tra l’altro disse: «Voi avete dato un senso alla vita di due poveri sfruttati, noi siamo condannati non per dei crimini che abbiamo commesso, ma perché siamo italiani e perché siamo anarchici, ma siamo così convinti di essere nel giusto che se voi aveste il potere di am- mazzarci due volte rivivremmo per fare esattamente le stesse cose che abbiamo fatto. E questo omicidio di stato non riuscirà a estinguere il nostro limpido e inalie- nabile diritto di esistere e di pensare secondo la nostra coscienza». Poi rivolgendosi al giudice che lo aveva con- dannato disse: «Non augurerei a un cane o a un ser- pente, alla più bassa e disgraziata creatura della terra ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano [...] se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi ri- nascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già». Furono giustiziati - se questa è l’espressione giusta - sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927, a pochi minuti l’uno dall’altro. Le loro ceneri riposano ora a Torremag- giore. Mario Bandera, missio Novara Raccogliendo delle testimonianze abbastanza de- boli, ma avendo fretta di concludere l’istruttoria, tutto venne deciso per portare a termine il processo nel più breve tempo possibile. Non solo, alcuni testimoni ritrattarono perché, a distanza di mesi, non erano più così sicuri delle loro dichiarazioni. Un portoghese di nome Celestino Madeiros, un comune criminale condannato in precedenza per rapina e omici- dio, confessò la sua partecipazione al furto e al conse- guente assassinio della guardia giurata, scagionandoci completamente dalle accuse a noi rivolte. Ma tutto fu inutile in quanto la giustizia americana era alla ricerca di un capro espiatorio e voi incarna- vate proprio quello che a loro serviva da presentare all’opinione pubblica, non è andata così? Peggio, il pubblico ministero riuscì a eccitare i sentimenti patriottici e i pregiudizi della Corte, illustrando quelle che a suo avviso erano le idee sovversive del Movimento Anarchico del quale noi facevamo parte. La nostra reni- tenza alla leva e le nostre critiche al sistema capitalistico americano, vennero duramente attaccate dall’accusa, così facendo si processavano le nostre idee e non i fatti! Al momento della requisitoria il procuratore lanciò pa- role durissime contro gli stranieri e le idee che professa- vano. Anche il riepilogo del giudice fu pervaso da nazio- nalismo e pregiudizio; egli, anziché ricapitolare gli ele- menti di prova che la giuria avrebbe dovuto prendere in considerazione, espresse giudizi pesanti sugli stranieri presenti negli Stati Uniti. Paradossalmente non portò nessuna prova che inchiodasse noi al delitto di cui era- vamo accusati. Nonostante ciò e nonostante gli elementi d’incertezza e i vistosi vizi procedurali che emersero du- rante il dibattimento, il 14 luglio 1921 la giuria pronunciò la sentenza di condanna a morte tramite sedia elettrica per tutti e due. • Anarchici | Pacifismo | Migrazioni • MC RUBRICHE # Pagina di apertura : Bartolomeo Vanzetti ( a sinistra ) e Nicola Sacco ( a destra ). Qui a sinistra : una delle tante dimostrazioni organizzate per prote- stare contro la condanna dei due anarchici. Sette anni di appelli da tutto il mondo non riuscirono a cambiare una sentenza «politica». A sinistra : prima pagina del Boston Daily Globe del 23 agosto 1927, che riporta la notizia dell’esecuzione di Madeiros (il vero ra- pinatore) e di Sacco e Vanzetti, avvenuta appena dopo mezzanotte. La titolazione sottolinea come i tre abbiano rifiutato i conforti reli- giosi e i due italiani abbiano affrontato la morte con calma e riaffermato la loro innocenza. «Vanzetti, perdona. Sacco, dice “goodbye”. Rifiutati da governatore e giudici tutti gli appelli e le suppliche dell’ultimo minuto».

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