Missioni Consolata - Giugno 2016
80 MC GIUGNO 2016 I Perdenti Va da sé che in un clima di così alta tensione e pieno di sospetto verso chi non era «wasp», ogni volta che succedeva un fatto criminale, gli immigrati veni- vano subito additati come colpevoli. Il 15 aprile 1920, a South Braintree (Massachusetts), il cassiere del calzaturificio «Slater and Morril», Frederick Parmenter, e la guardia Alessandro Berardelli, stavano portando a piedi le paghe della settimana, 15.776 dollari, in due cassette di legno. Vennero assaliti con le pistole in pugno da due persone che spararono a bruciapelo e si al- lontanarono su un’auto che li stava aspettando. Imme- diatamente vennero sospettati degli italiani come gli au- tori del gesto. Noi due fummo arrestati perché trovati con una pistola e degli appunti per un comizio che sta- vamo organizzando. Ci trattennero in prigione senza nes- suna assistenza legale. Non vi chiedevate il perché di un arresto così ano- malo? Parlando tra di noi credevamo che ci avessero arrestati per motivi politici, al massimo per illegale possesso di armi. Per questo avevamo paura di essere espulsi, ma a nostro favore giocavano parecchie testimonianze giurate che dicevano che noi non eravamo nel luogo dove era avvenuto il gesto criminale, in quanto impegnati altrove. Ma il numero dei testimoni contro di noi, che la polizia andava raccogliendo qua e là, aumentava ogni giorno e, tra mille incertezze e contraddizioni, alcuni di loro dis- sero esplicitamente che noi eravamo i colpevoli. Venne quindi fatta un’incriminazione formale a nostro nome. diventammo amici. Le nostre idee collimavano nel ricer- care una giustizia sociale che fosse equa e rispettosa per tutti gli immigrati, inoltre eravamo due convinti pacifisti, tant’è vero che quando gli Stati Uniti intervennero nella Grande Guerra del ‘15-’18, ci rifugiammo in Messico con tutto il collettivo anarchico per non essere arruolati. Finita la guerra tornaste negli Stati Uniti? Si, riprendemmo il nostro lavoro nella società americana cercando di convincere altri immigrati a frequentare i no- stri circoli e ad aderire alle nostre idee. Per la nostra fuga in Messico e per le nostre attività, eravamo però inclusi in una lista di sorvegliati speciali e segretamente control- lati dalla polizia. Come erano visti gli italiani negli Stati Uniti in que- gli anni? Molto male. Innanzitutto per il fatto di provenire da un paese cattolico e di trovarci in una cultura come quella degli Usa permeata dall’ideologia wasp ( lett. vespa, ma in questo caso acronimo per White Anglo Saxon Prote- stant ), eravamo considerati la feccia della società. Se a ciò si unisce il fatto che avevamo problemi con la lingua inglese in quanto non la parlavamo correttamente e che per sopravvivere eravamo disposti ad accettare i lavori più degradanti, eravamo visti come «paria» che occu- pano l’ultimo gradino della società. Gli emigranti provenienti in genere dall’Europa e in particolare dall’Italia, portavano anche le idee so- cialiste e anarchiche che in quegli anni stavano svi- luppandosi nel vecchio continente. Quasi tutti noi eravamo contro la guerra, quindi abba- stanza restii ad appoggiare le azioni belliche da qualunque parte ve- nissero proposte. Molti immigrati si ri- fiutavano di iscriversi ai registri di leva e di lavorare nelle indu- strie che fabbricavano armi ed erano proprio i lavoratori europei, specialmente gli ita- liani, che animavano queste iniziative e or- ganizzavano scioperi. Anche la risonanza che arrivava dalla Rivoluzione Russa alimentava un’osti- lità crescente non solo verso i migranti, ma proprio verso tutti coloro che si di- chiaravano anarchici e socialisti? Proprio così. Oltre tutto in quegli anni prese piede la così detta « red scare » (la paura dei rossi), con la quale il governo federale cercò di prevenire - con metodi al limite della legalità - il diffondersi di una ideologia rite- nuta sovversiva e radicale. Per rispondere ai nostri spora- dici, e tutto sommato abbastanza innocui, gesti di ribel- lione e per bloccare ogni nostra iniziativa, venne creato un apparato poliziesco imponente.
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