Missioni Consolata - Giugno 2016
«Ci sforziamo di spargere semi di speranza in una società sempre più spietata che non concede spa- zio agli ultimi», spiega un missionario, impegnato da anni accanto ai giovani angolani. «Il 60% della popolazione ha meno di 15 anni», ricorda. «Le nuove generazioni sono però attratte dall’illusione dei soldi facili, dal miraggio del consumismo sfre- nato, dalle vetrine lucenti delle boutique alla moda. L’arricchimento materiale dell’Angola si sta accompagnando a un drammatico impoverimento morale. Dobbiamo aiutare i giovani a percorrere una nuova strada». Oggi i missionari gestiscono innumerevoli scuole, spazi ricreativi, centri di formazione, oratori, ri- fugi per ragazzi di strada. «Sono fragili scialuppe di salvataggio in un mare tempestoso», avverte un missionario. «La guerra ha distrutto molte fami- glie, disperso interi villaggi, gonfiato le periferie di deslocados , gli sfollati delle campagne... La gente fa sempre più fatica a tirare avanti». La crimina- lità è diffusissima, furti e rapine sono il pane quo- tidiano delle gang giovanili. «Terra di Maria» I grandi navigatori ed esploratori portoghesi, prima di allontanarsi dalla patria, promettevano alla Vergine di diffondere il suo culto tra tutti i po- poli con i quali avrebbero stabilito contatti. Così, quando i primi portoghesi, nel sec. XV, misero piede nel territorio del Regno indigeno del Congo- Angola, eressero numerose chiese e cappelle, sia pure molto modeste. L’Angola venne chiamata «Terra di Maria» fin dai tempi in cui i primi missionari portoghesi, qui arri- qua fresca, in sacchetti di plastica, o una bibita ghiacciata, o una salviettina agli autisti di taxi o di camion, per asciugarsi il sudore e pulirsi dalla pol- vere che sovrasta perennemente le strade di Ki- lamba, una delle periferie di Luanda. Fuori dai magazzini ci sono altri lavoratori: i roboteiros , i conducenti di grosse carriole di legno, con ruota recuperata da una macchina, che trasportano le scatole e i sacchi di prodotti che la gente ha com- prato all’ingrosso per poi rivenderli al dettaglio nei loro negozietti. Ci sono anche giovani che scaricano la merce dai camion e la ripongono nei magazzini. Al mercato s’incontrano molti ragazzi occupati: c’è chi segue i potenziali acquirenti per vendere sacchetti di tutti i tipi in cui riporre le compere; ci sono le ra- gazzine che aiutano la mamma a preparare piatti a buon mercato e altre che passano tra le banca- relle proponendo uova sode o gelati; ci sono i kin- guila , i cambiavalute, perché il dollaro continua a circolare insieme alla moneta locale. Ci sono i ma- toxeiros , una turbolenta categoria di mediatori tra il cliente e il venditore; ci sono i motoqueiros , che forniscono il servizio di moto-taxi. Nessuno ri- mane con le mani in mano, e la sera tutti hanno qualcosa in tasca. Una Chiesa confusa La Chiesa cattolica, presente in Angola da più di cinquecento anni, è considerata un’istituzione prestigiosa e mantiene rapporti molto stretti con le autorità governative. Troppo stretti, secondo alcuni osservatori. Sembra che alla vigilia delle ul- time elezioni, i politici al potere abbiano voluto in- graziarsi i vescovi locali, offrendo loro generosi regali. «Ci hanno donato delle automobili», am- mette senza imbarazzo un vescovo che abbiamo incontrato. «Le abbiamo accettate, dopo averne discusso tra noi, precisando a chiare lettere che non avremmo mai rinunciato alla nostra incondi- zionata libertà di parola». Decisione «inopportuna e rischiosa», mormorano a denti stretti alcuni re- ligiosi. Gli equilibrismi diplomatici delle alte gerarchie ecclesiali, chiamate necessariamente a confron- tarsi e a collaborare con lo stato, non oscurano la straordinaria opera sociale e pastorale svolta dalla Chiesa cattolica in Angola. Dalle sterminate bidonville della capitale fino ai più isolati villaggi dell’interno, centinaia di suore e sacerdoti por- tano avanti ogni giorno una battaglia silenziosa e risoluta in favore dei poveri.
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