Missioni Consolata - Giugno 2016
R aphaël Simi. Coetaneo di Jean Vanier, nasce nel 1928 a Marsiglia e cresce a Parigi con i suoi genitori, sua sorella e suo fratello. All’età di tre anni, a causa di una meningite e di altre complicanze, perde l’uso della parola e un’emiplegia gli causa pro- blemi di deambulazione. Alla morte dei suoi genitori, nel 1962, viene mandato nella struttura per disabili di Trosly, dove si sente «rinchiuso». Cresce il suo males- sere per il distacco dal mondo e dalle relazioni. Nel 1964 accetta l’invito di Jean Vanier ad andare a vivere con lui, insieme a Philippe. Resta in contatto con i suoi fratelli fino alla loro morte. Quando la comunità di Trosly si ingrandisce, nel 1988 chiede di andare a L’Ar- che di Verpillieres, a Nord di Parigi, per vivere in un ambiente più tranquillo. Fa il postino della comunità ed è sempre disponibile per piccoli servizi e nei labora- tori fino alla sua morte, avvenuta il 24 marzo 2003. P hilippe Seux. Nasce nel 1941 a Casablanca, in Marocco. All’età di due anni contrae un’encefa- lite che gli procura danni cognitivi permanenti. Quando ha 20 anni, sua madre si ammala e, in cerca di cure, si trasferiscono in Francia. Due anni più tardi, nel 1963, alla morte della madre, viene mandato nel Centro per disabili di Trosly. Dopo un anno di soffe- renza incontra Jean Vanier che lo invita a vivere con lui. Philippe si trasferisce il 4 agosto 1964. Racconta: «Quando sono arrivato a L’Arche, non c’era l’elettri- cità, non c’era niente. Si usavano candele per illumi- nare la casa, era divertente! Mancavano i sanitari e la doccia in bagno. Ho detto “Ok, non c’è problema!”, perché ero felice. Prima per me non era vita: tutta la giornata in una sala, seduto. Non potevo fare niente, non potevo uscire, non c’erano impegni, occupazioni, niente. Ho anche pianto. Non ero a mio agio. Poco a poco tutto poi si è messo in ordine a L’Arche». Nel 1975 si trasferisce a Compiègne, vicino a Trosly, conti- nuando per 10 anni a frequentare i laboratori diurni a Trosly. Oggi la sua salute e autonomia sono peggio- rate, ma continua a vivere con gioia nella comunità. C.S. Note: 1- www.larche.org . 2- J. Vanier, Il sapore della felicità. Alle basi della morale con Aristo- tele , EDB, Bologna 2002. 3- http://foietpartage.net. 4- www.foietlumiere.org . 5- www.intercordia.org. 6- www.jean-vanier.org . Due comunità crescono L’Arca in Italia I l Chicco, la prima comunità italiana, è nata nel 1981 quando Guenda e Anne hanno accolto in una piccola casa a Ciampino, vicino a Roma, Fabio e Maria, bambini con handicap. La storia della casa e della comunità è legata alle parole del Vangelo di Giovanni, 12,20-28: «Se il chicco di grano non muore, rimane solo; ma se muore, pro- duce molto frutto». Nel progetto iniziale Guenda e Anne avrebbero voluto accogliere la piccola Chicca che però morì poco prima del trasloco, e in suo ricordo la comu- nità ha preso il nome Il Chicco. In oltre 30 anni di vita la comunità si è ingrandita e attualmente è composta da tre foyer, Il Chicco, La Vigna e L’U- livo, che ospitano circa 20 persone con handicap mentale, e un Centro di accoglienza diurno con quattro laboratori: Nido, Universo, Mulino e Na- tura. L’ Arcobaleno, la seconda comunità italiana, è nata nel 2001 a Quarto Inferiore, in provin- cia di Bologna, con l’accoglienza di Alber- tina e Cristina nel primo foyer chiamato Il Cedro. Dopo un anno è stato aperto il laboratorio La For- mica per le attività diurne, sia per i residenti nella comunità che per gli esterni. Negli anni la comu- nità si è ingrandita con la costruzione di due nuovi foyer, Il Grano, nel 2007, e la Manna, nel 2013, con l’ampliamento del Centro diurno, con la creazione del laboratorio La Tartaruga e, nel 2012, del laboratorio La Civetta. C.S. • Disabilità | Accoglienza | Vita Comunitaria • MC ARTICOLI # Jean Vanier stringe la mano a John Smeltzer, uno dei membri principali de L’Arche Daybreak, Richmond Hill, Ontario, Canada.
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