Missioni Consolata - Giugno 2016
28 MC GIUGNO 2016 FRANCIA L a prima comunità dell’Arca nasce nel 1964 a Troly- Breuil, una piccola cittadina a Nord di Parigi, dove Jean Vanier, incoraggiato dal suo padre spirituale, padre Thomas Philippe, domenicano, invita Philippe e Raphaël, due persone con handicap, a vivere con lui in una piccola casa che chiamerà «L’Arche», l’Arca, nome che ricorda l’arca di Noè, la barca della salvezza, simbolo di sicurezza e di rinnovamento, della prima alleanza tra Dio e l’umanità, e che ricorda anche Maria, definita dai padri della Chiesa come Arca dell’alleanza. La piccola comunità cresce velocemente accogliendo altre persone disabili, ma anche giovani di tutto il mondo che desiderano conoscere e condividere que- sta esperienza di vita. La Comunità dell’Arca, iniziata da Jean Vanier, si diffonde presto nel mondo. Già nel 1969, il desiderio di aprire nuove comunità si concre- tizza nella fondazione di una comunità a Daybreak, vi- cino a Toronto, in Canada, e in India, a Bangalore. L’espansione, totalmente inaspettata per Jean, apre l’Arca a nuove culture, nuove lingue, nuove realtà so- ciali molto differenti da quella francese. Nel 1972 viene quindi creata la Federazione internazionale delle Co- munità dell’Arca. Sorte da un’ispirazione cattolica, dal desiderio di Jean di dare carne al suo percorso spirituale di incontro con il Signore delle beatitudini, le comunità diventano presto luoghi ecumenici e di dialogo interreligioso, luoghi di accoglienza e segni di speranza e di solida- rietà. Nel 2014, l’Arca festeggia i suoi primi 50 anni. Attual- mente è presente nei cinque continenti con 149 comu- nità in 38 paesi 1 . J ean Vanier. Nasce il 10 settembre 1928 a Gine- vra, in Svizzera, da una famiglia canadese. Vive la sua infanzia in Canada, nel Regno Unito e in Fran- cia, dove suo padre viene inviato come diplomatico. Pochi giorni prima dell’occupazione nazista, insieme ai suoi quattro fratelli e a sua sorella, scappa da Parigi e, in previsione di una carriera da ufficiale della Ma- rina, volendo seguire le orme del padre George, nel 1941 è ammesso all’accademia navale britannica. All’i- nizio del 1945 Jean visita Parigi dove suo padre era ambasciatore del Canada e, insieme a sua madre, si prende cura dei sopravvissuti dei campi di concentra- mento. Il contatto con queste persone, segno di un’u- manità ferita, lo tocca profondamente. All’età di di- ciassette anni diventa ufficiale e si unisce alla Royal Navy. Tre anni più tardi viene trasferito alla Marina canadese, ma, nonostante una carriera promettente, nel 1950 lascia per studiare filosofia e teologia all’Isti- tuto Cattolico di Parigi. Nel 1963 pubblica la sua tesi di dottorato su Aristotele e insegna filosofia all’Univer- sità di Toronto. Fondamentale per il cambiamento ra- dicale della sua vita è l’incontro con la sua guida spiri- tuale, padre Thomas Philippe, domenicano, cappel- lano di un centro per malati mentali a Trosly-Breuil, a Nord di Parigi. Tramite lui conosce la condizione di persone con grave disabilità, «ragazzi che [...] si chie- devano “chi sono, perché sono così, perché nessuno mi crede, perché i miei genitori non sono felici che io esi- sto?”. Persone desiderose di sapere chi vuole loro ve- ramente bene» 2 . Nel 1964 lascia il mondo accademico per proseguire la sua ricerca interiore e spirituale, compra una piccola casa a Trosly e invita a vivere con lui Raphaël e Philippe, due persone con handicap che vivevano nel Centro di Trosly-Breuil, ma che, abituati a vivere in famiglia, non riuscivano ad adeguarsi alla vita dell’Istituto. Mentre la comunità di Trosly cresce rapidamente, Jean inizia a viaggiare per tutto il mondo: partecipa a dibattiti, conferenze e ritiri, par- lando della debolezza, del diritto di essere deboli, rac- contando e testimoniando la sua esperienza, rivolgen- dosi soprattutto ai giovani. Nel 1968, nell’Ontario, riunisce laici, religiosi e persone con handicap per il primo ritiro di « Foi et Partage », Fede e Condivisione, esperienza che dà origine a co- munità, soprattutto in Canada, che si riuniscono e pregano insieme una volta al mese 3 . Nel 1971, dopo un pellegrinaggio a Lourdes con 12.000 persone, di cui 4.000 disabili, fonda, assieme a Marie Hélène Mathieu, « Foi et Lumière », Fede e Luce, un movi- mento che riunisce ogni mese gruppi di 20-40 persone con handicap, le loro famiglie e i loro amici, per mo- menti di amicizia, condivisione, preghiera e festa. Oggi esistono più di 1.500 gruppi di Fede e Luce in 82 paesi, tra cui una sessantina anche in Italia 4 . Jean Vanier è molto impegnato anche nella vita della Chiesa e nel dialogo ecumenico: pronuncia il discorso di apertura dell’Assemblea generale del Consiglio ecu- menico della Chiesa, a Vancouver, nel 1983, partecipa al Sinodo sulla laicità a Roma su invito del papa, nel 1998 partecipa al Comitato centrale del Consiglio ecu- menico della Chiesa a Ginevra ed è invitato dall’Arci- vescovo di Canterbury al consiglio dei vescovi della Chiesa anglicana durante la Conferenza di Lambeth. Numerosi i riconoscimenti per la sua attività nell’am- bito della difesa dei diritti umani e dello sviluppo dei popoli. Tra di essi riceve il Premio Internazionale Paolo VI nel 1997, il Pacem in Terris nel 2013, il Tem- pleton nel 2015. Nel 2000 fonda «Intercordia», un’associazione con lo scopo di offrire ai giovani universitari un anno di «for- mazione alla pace» mediante un’esperienza intercul- turale tra i poveri e gli emarginati nei paesi in via di sviluppo 5 . Nonostante i suoi 87 anni, continua a fare conferenze e a dare ritiri, principalmente a Trosly. I suoi libri, dif- fusi in tutto il mondo, sono tradotti in più di 30 lingue 6 . La storia de «L’Arche» e dei suoi fondatori 50 anni di accoglienza «Prima per me non era vita: tutta la giornata in una sala, seduto. Non potevo fare niente, non potevo uscire, non c’erano impegni, occupazioni, niente».
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