Missioni Consolata - Giugno 2016
MC ARTICOLI vano aiutarmi presentandomi a un politico. Ma in quel momento c’era crisi quindi non successe a nulla». Ancora un altro segnale. «Nel febbraio 2011, una ragazza da Sidney mi chiamò su skype. L’a- vevo conosciuta al Cammino di Santiago. Era arrabbiata perché io non avevo fatto ancora nulla per il Congo, mi disse. Era un’inse- gnante e al suo rientro dalla Spa- gna aveva fatto lavorare i suoi studenti sul tema dello sfrutta- mento dei minerali del Congo. Una persona su 1.000 si era atti- vata a causa di quello che le avevo raccontato. Forse qualcosa poteva cambiare. Decisi di orga- nizzare una marcia da Reggio Emilia a Roma e portare la docu- mentazione ai palazzi del potere. Avevo coinvolto la città: comune, provincia, la scuola di pace di Reggio, il centro missionario. La gente seguiva. Ero andato a par- lare su Tele Reggio. Feci una mar- cia di 21 giorni e mi ricevettero alcuni deputati e senatori». È la prima marcia di John Mpaliza per il Congo, che ne inaugura una lunga serie, in un crescendo di difficoltà. E, soprattutto, diven- terà il modo di vivere e di lottare del congolese-italiano, dalla sim- patia irresistibile. On the road Come si organizza una marcia per la pace in Congo? «Si definisce la partenza e l’ar- rivo. Si prendono contatti con le istituzioni locali lungo il percorso, gli scout, le chiese, le scuole. Così nascono gli incontri. Le persone mi accompagnano per un pezzo della strada. Talvolta vengono ad accogliermi alle porte di una città al mio arrivo. Ma la marcia com- pleta la faccio da solo. A Roma, ad esempio, una quaran- tina di persone mi aspettarono fuori città e mi accompagnarono fino in Parlamento». Segue nel 2012 la marcia Reggio Emilia - Bruxelles, di due mesi. John passa a Ginevra dove incon- tra l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite. Va an- che a Strasburgo dove è ricevuto da parlamentari italiani ed euro- pei. Molti di loro sono promotori dell’emendamento del maggio 2015 sulla tracciabilità dei mine- rali (si veda il dossier su MC luglio 2015). «Per la prima volta ab- tue radici e trovare questa situa- zione è stato un disastro. Avevo gli incubi tutte le notti. Ho provato a scrivere un articolo ma non sono stato considerato dai media». John inizia a maturare l’idea che deve provare a fare qualcosa per il suo paese. Ma cosa? Si chiede. «Qualcosa che desti curiosità, per- ché l’Africa non fa notizia». L’ispirazione gli viene proprio dalla sua visita a Taizé di molti anni prima. «Premetto che io non sono cam- minatore. Ma a Taizé una ragazza polacca mi aveva detto: se ti piace tanto questo posto, un giorno devi andare a Santiago di Compostela». Pellegrino per caso «Decisi di andare a incontrare i pellegrini. Nel 2010, per combina- zione, c’era il Giubileo di San- tiago. Ho parlato con circa 1.000 persone, di 27 lingue diverse, da 30 paesi. E lì ho capito che cam- minando e parlando la gente si ferma ad ascoltare». John parla di Congo, guerra, stupri, saccheggio delle risorse. Ma non ha ancora le idee chiare. È il raccontare quello che ha vissuto nel suo recente viaggio a Kinshasa. «Nel frattempo, in Italia, avevo preparato una documentazione, e i miei dirigenti al lavoro vole- # Sopra: John a Ginevra, davanti all’Alto Commissariato per i Diritti umani delle Nazioni Unite. # Sotto: Repubblica democratica del Congo, miniera di Kalimbi, Sud Kivu.
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