Missioni Consolata - Giugno 2016
bientalisti e dei sostenitori della causa indigena sono ogni volta le stesse: i danni prodotti sono mag- giori dei possibili benefici e, co- munque, ci sono anche altre strade da percorrere per il cosid- detto progresso. D’altra parte, la risposta più real- mente indigena è un’altra e parte da una visione del mondo e dell’e- sistenza (cosmovisione) propria e unica, una visione che prevede un’intima relazione tra la loro identità, le modalità di vita e le terre da loro abitate. Concetto che, detto in altre parole, diventa: non c’è identità né cultura indi- gena senza la terra. Di solito, stati e imprese coinvolte ricercano il consenso con la «poli- tica delle compensazioni» (cioè delle opere «regalate» alle comu- nità che ne subiscono l’impatto ambientale e culturale), anche per dividere il fronte degli oppositori. Alcuni dei quali possono venire ir- retiti pure con il meno nobile si- stema della corruzione. D’altra parte, la logica oggi dominante ha sempre una risposta all’apparenza accattivante: «Why be poor when we can be rich?» 1 . Già, perché es- sere poveri quando possiamo es- sere ricchi? La Conquista non è mai terminata Premesso che l’etnocidio prodotto dalla Conquista - dal 1492 in poi - uccise il 90% degli indigeni (se- condo l’antropologo Darcy Ribeiro al momento dell’arrivo dei conqui- statori europei gli aborigeni delle Americhe erano 70 milioni; se- condo un altro studioso, il filosofo Todorov, degli 80 milioni di indios nel 1600 ne erano rimasti soltanto 10), ancora oggi risulta difficile dare cifre sicure sugli indigeni. An- prima volta dalla Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) nel 1989. Capita che i bianchi facciano delle leggi - a volte delle ottime leggi -, ma che, all’atto pratico, siano i primi a non rispettarle. Per le stesse ragioni - la difesa am- bientale dei territori indigeni - nel settembre 2014, in Perú, era stato assassinato Edwin Chota e tre suoi compagni, tutti di etnia Ashá- ninka. Chota, le cui battaglie am- bientaliste erano note anche fuori del proprio paese, da anni lottava contro il disboscamento illegale della foresta amazzonica della re- gione dell’Ucayali, abitata da di- verse etnie indigene tra cui gli Shi- pibo e, appunto, gli Asháninka. La storia si ripete in Ecuador per il progetto minerario Mirador (an- che qui, come in Honduras, con la partecipazione di imprese cinesi) sulla Cordillera del Condor - nella provincia di Zamora Chinchipe, al confine con il Perú -, una zona ca- ratterizzata da grande biodiver- sità. Nel dicembre 2014 è stato trovato ammazzato José Tendetza, leader degli indigeni Shuar e in- transigente oppositore del pro- getto. Quando non ci sono le miniere o le grandi opere, la minaccia per i ter- ritori indigeni arriva dall’espan- sione della frontiera agricola ( fron- tera agropecuaria ). E non si tratta di quella fatta da piccoli coltivatori ( campesinos ), che ormai sono in via d’estinzione perché rimasti senza terra, ma dall’agroindustria ( agronegocios ), in particolare da quella della soia e dell’alleva- mento. Ciò avviene, ad esempio, in Argentina. Nel 2013, l’incorpo- razione di nuove terre ha ucciso Florentín Díaz, Juan Daniel Asijak, Imer Flores, tutti indigeni di etnia Qom (Toba). Il risvolto di queste politiche economiche è tragico: nel 2015, nel solo Chaco (Nord Est argentino), sono morti per denu- trizione sei bambini indigeni. Una questione di visioni Le risposte pubbliche (che sono politiche e mediatiche) sono sem- pre le stesse: questi megaprogetti sono indispensabili per il pro- gresso della collettività nazionale. Anche le contestazioni degli am- che perché una parte di essi, per vergogna o per timore di essere ri- fiutati, esclusi o maltrattati, ne- gano il loro essere indigeni. Ecco perché i numeri sulle popolazioni aborigene sono ballerini e pos- sono variare a seconda della fonte, anche di quelle ufficiali come possono essere i censimenti o le indagini degli organismi inter- nazionali (Nazioni Unite, Banca Mondiale, ecc.). Fatte queste precisazioni, nel mondo si contano circa 400 mi- lioni di indigeni. Di essi 42-45 mi- lioni vivono in America Latina, di- visi in oltre 500 popoli, pari a circa l’8 per cento della popolazione la- tinoamericana. «Nel continente la vita indigena è sempre stata quella più a buon mercato». L’affermazione, attri- buita al compianto Eduardo Ga- leano, rimane ancora oggi una cer- tezza. Come la morte, verrebbe da chiosare. Paolo Moiola Note: 1 - Cfr. articolo della rivista Resources Policy , giugno 2012. AMERICA LATINA 12 MC GIUGNO 2016 S UGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI • Gruppo Banca Mondiale, Latinoamérica Indígena en el Siglo XXI , agosto 2015; • Iwgia, El mundo indígena 2015 , Cope- naghen 2015; • Nazioni Unite-Cepal, Los pueblos indí- genas en América Latina , novembre 2014; • Cimi, Relatório. Violência contra os po- vos indígenas no Brasil, Datos de 2014 , Brasilia, aprile 2015; • Cvetan Todorov, La conquista dell’Ame- rica. Il problema dell’«altro» , 1982; • Eduardo Galeano, Le vene aperte del- l’America Latina , 1971.
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