Missioni Consolata - Maggio 2016
noi, accogliendo tutti senza discriminazioni, e aiu- tando a costruire comunità, perché tutti possiamo imparare a vivere da fratelli, figli dello stesso Pa- dre, che ci ama tutti, ma proprio tutti, così come siamo». Che lavoro stai facendo oggi? «Attualmente, oltre al servizio interno nella mia co- munità, presto il mio servizio in una casa di riposo per anziani e persone con disabilità fisica e mentale in un paesino vicino a Castelnuovo, e cerco di ac- compagnare i giovani a livello personale, andan- doli a trovare a casa, creando rapporti di amicizia anche con i loro genitori». Qual è la difficoltà più grande che incontri? E quale la soddisfazione? «La difficoltà più grande che trovo è la mancanza di collaborazione da parte di alcune persone, la chiusura nel “proprio orticello”, insieme alla man- canza di dialogo e vera comunicazione. Nell’era della comunicazione immediata via internet, è così difficile creare dei legami veri, comunicando cuore a cuore! La soddisfazione più grande è sentirmi chiamare “la nostra suora”, o “la nostra Claudia”, sentire di appartenere alla gente a cui sono stata mandata da Lui, il sentirmi veramente sorella». Puoi raccontare un episodio significativo della tua vita missionaria? «Ce ne sono tanti... Forse quando, in Kenya, alcune donne di diversi villaggi appena incontrate, mi hanno fatto una bellissima accoglienza, e dato un nome in lingua samburu: Naitutum, che vuol dire “persona che crea comunione, che fa da ponte”. Un nome bellissimo, che è anche la mia missione». Cosa possiamo offrire al mondo come missiona- rie/i della Consolata? Quali sono le ricchezze che possiamo condividere con gli altri? «Prima di tutto, credo che possiamo e dobbiamo offrire Cristo, il Consolatore e Vera Consolazione, avendolo conosciuto e sperimentato personal- mente. Poi la nostra esperienza missionaria in altri paesi, con altri popoli, la conoscenza di lingue, cul- ture, religioni diverse. Questo ci può aiutare a creare comunione tra i diversi popoli ed etnie, camminando insieme a loro per formare un’unica Famiglia, quella dei figli di Dio, dove c’è posto per tutti, nessuno escluso». Cosa dovremmo fare, secondo te, per avere più impatto nel mondo giovanile? «I giovani hanno bisogno di ascolto, di compren- sione, di spazio vitale per crescere, fare esperienze, imparare a scegliere. Hanno bisogno di modelli “solidi” che possano indicare la strada, senza im- porla, disponibili a camminare loro accanto. Stare con loro, dove loro sono. Andarli a trovare, interes- sarsi, farsi amico, compagno di viaggio. Ma con discrezione, lasciandoli liberi, anche di sbagliare. Essere con e per loro, attenti, disponibili». Che frase, slogan, citazione proporresti ai giovani che si avvicinano ai nostri centri, e perché? «Una frase che ho trovato su un pezzetto di carta nel mio astuccio, quando ero alle superiori (non so come ci sia finito…): “La gioia nasce nel momento in cui abbandoni la ricerca della tua felicità per cer- care di darla agli altri”. Perché? Tutti, in un modo o in un altro, siamo alla ricerca di gioia, di felicità. Questo può essere un buon modo di trovarla!». Luca Lorusso AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT © Claudia Gavarini © Claudia Gavarini
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