Missioni Consolata - Maggio 2016

62 MC MAGGIO 2016 nieri che tra gli italiani. Inoltre, gli immigrati hanno spesso dimo- strato una bassa adesione ai pro- tocolli terapeutici sia per la loro elevata mobilità, sia per difficoltà di comunicazione con gli opera- tori sanitari. Le barriere culturali e linguistiche spesso giocano un ruolo particolarmente importante nei confronti di una patologia come la tubercolosi, che richiede trattamenti di lunga durata in soggetti spesso asintomatici. Ci sono poi gli immigrati irregolari, che possono sfuggire ai sistemi di sorveglianza per timore di essere espulsi. Tutto questo potrebbe provocare un incremento di forme resistenti ai farmaci, sul nostro territorio, del mycobacte- rium tuberculosis , il micobatterio della tubercolosi. In Europa i mi- granti colpiti da tubercolosi pro- vengono soprattutto dall’Asia e dall’Africa, oltre che da altre re- gioni europee. In Italia, le nazioni di origine più rappresentate tra gli affetti da Tb sono: Etiopia, Paki- stan, Senegal, Perù, India, Costa d’Avorio, Eritrea, Nigeria, Bangla- desh e Romania. I dati a nostra di- sposizione dimostrano che la ma- lattia colpisce i migranti a un’età inferiore rispetto a quella dei na- tivi, che la possibilità di contrarre forme di «Tb extrapolmonare» (che colpisce organi diversi, ndr ) è doppia tra i migranti, mentre tra loro è meno comune la «Tb multi- resistente» (agli antibiotici, ndr ). C oinfezione H iv /T b - Ciò che è emerso dagli studi è che l’immi- grato proveniente da paesi ad alta endemia di Tb e Hiv ha un elevato rischio di sviluppare una o entrambe le malattie, una volta giunto nel paese ospitante. La mi- grazione costituisce infatti di per sé un fattore di rischio per il cam- mentarietà dei dati varia tra i di- versi gruppi etnici, per via della percentuale di immigrati irrego- lari nelle diverse comunità. Il ri- schio di sviluppare la tubercolosi è maggiore nei primi due anni dalla data di arrivo. I dati del Si- stema di notifica italiano mo- strano come fino al 2007 i casi di tubercolosi tra i migranti insorge- vano prevalentemente entro i primi due anni di permanenza in Italia, mentre dal 2008 c’è stata un’inversione di tendenza, con un aumento dei casi insorti a cinque anni e oltre dall’arrivo. In gene- rale, sebbene l’incidenza della tu- bercolosi sia diminuita negli ultimi anni, la popolazione immigrata presenta un rischio relativo di contrarre la malattia 10-15 volte superiore rispetto alla popola- zione italiana e a quella della maggior parte dei paesi europei. T raTTamenTo T b - La proporzione di casi di Tb trattati con successo a 12 mesi dall’inizio della malattia risulta inferiore per i migranti ri- spetto ai nativi. In Italia i casi di tubercolosi tra gli immigrati sono aumentati considerevolmente, passando dal 10% delle notifiche nel 1995 al 58% nel 2012. Se- condo i dati dell’Oms, nel 2014 in Italia sono stati notificati 3.600 casi di tubercolosi totali, con 290 decessi, di cui 31 pazienti Hiv po- sitivi. Il tasso d’incidenza stimato è stato pari a 6 casi su 100.000 abitanti, valore che pone l’Italia tra i paesi a più bassa incidenza per la tubercolosi. Uno studio condotto sulla frequenza di nuovi casi di Tb nella popolazione stra- niera non ha registrato un au- mento dei tassi di incidenza (il conteggio annuale dei nuovi casi di una determinata patologia, ndr ) della patologia, indicando che l’aumento dei nuovi casi sa- rebbe da ascriversi alla crescita degli stranieri in Italia. Questo dato dovrebbe contribuire a ridi- mensionare la preoccupazione ri- guardante la diffusione della tu- bercolosi in forma epidemica. Tuttavia sono talora segnalate delle criticità nella gestione dei pazienti e nella loro accessibilità ai servizi socio sanitari. In partico- lare alcuni studi hanno eviden- ziato una perdita al follow up (i controlli medici successivi alle te- rapie, ndr ) superiore tra gli stra- biamento dello stile di vita a cui vanno incontro queste persone, caratterizzato da precarie condi- zioni socio economiche e sistema- zione in luoghi spesso particolar- mente sovraffollati e privi di ogni genere di comfort. L’attiva ricerca di nuovi farmaci per contrastare l’Hiv si contrappone all’innova- zione di una terapia antituberco- lare stabile da più di mezzo se- colo. Inoltre l’infezione da Hiv rappresenta il maggiore fattore di rischio di sviluppo della tuberco- losi in soggetti con Tb latente. In- fatti il rischio di sviluppo della Tb è da 20 a 37 volte maggiore tra i sieropositivi, rispetto ai sierone- gativi da Hiv. Si stima che più di un milione di persone nel mondo abbiano una coinfezione Hiv/Tb, soprattutto nell’Africa subsaha- riana e in Asia. I dati italiani dimo- strano un’elevata cutipositività alla tubercolina (test atto a sco- prire i soggetti infettati dal ba- cillo, ndr ) tra gli immigrati al mo- mento dell’arrivo nel nostro paese, indice di pregressa infe- zione. Sulla base di questi dati si può ipotizzare che lo sviluppo della malattia sia conseguenza, nella maggior parte dei casi, di riattivazione di pregresse infe- zioni allo stato latente. Dal mo- mento che la maggior parte degli episodi di malattia si manifesta precocemente, si può ipotizzare il ruolo primario delle condizioni socio economiche dei migranti, particolarmente sfavorevoli nel primo periodo di migrazione. G onorrea e sifilide - I dati relativi ai migranti colpiti da queste due malattie veneree sono disponibili solo in poche nazioni europee e sono spesso incompleti. Facendo un confronto con i dati delle po- polazioni autoctone, si osserva che, nel 2010, l’11% dei casi di go- norrea ha riguardato i migranti, contro il 50% dei casi nei nativi, mentre si sono riscontrati casi di sifilide nel 7,3% dei migranti e nel 55,4% dei nativi. Tra il 2000 ed il 2010, la percentuale di casi di go- norrea e sifilide tra i migranti è ri- masta stabile. Tuttavia, per quanto riguarda la gonorrea, il rapporto maschi/femmine per i nativi colpiti dalla malattia è rima- sta stabile, mentre per i migranti sono aumentati i casi di donne malate. I dati a disposizione sug- Madre Terra

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