Missioni Consolata - Maggio 2016

44 MC MAGGIO 2016 Risorse culturali importanti e uniche che po- trebbero anche portare reddito al paese, ma occorre promuoverle. Pensa che ci sia oggi la volontà politica di valorizzare questa cultura nel mondo? «Io penso che manchi una reale volontà politica di promuovere la cultura haitiana. C’è piuttosto una volontà di sfruttamento, di strumentalizzare, di mantenere la società nello stato in cui è. Mentre tutto quello che esprime la cultura haitiana nasce da una vera utopia, un sogno di una nuova Haiti, di un paese nel quale ognuno riconosce l’altro nei suoi diritti. Ecco il problema, la cultura haitiana non è mai stata veramente sostenuta dai governanti. Si vede qualche sforzo ogni tanto per il carnevale, che rappresenta un’altra sorgente d’espressione e diversità della nostra capacità di fare cultura. Anche a livello della letteratura, molto spesso si riconosce prima all’estero l’importanza di alcune opere, e solo in un secondo momento in patria. Oltre a questo, il grosso lavoro che deve fare lo stato haitiano è sul fronte dell’educazione, dell’in- segnamento, del riconoscimento del creolo, che è molto importante, l’alfabetizzazione per permet- tere a tutti di entrare in comunicazione gli uni con gli altri, a livello politico e sociale (il creolo è utilizzato nella scuola primaria sono da fine anni ‘70, nda ). Si sente palpitare attraverso le associa- zioni più diverse, i movimenti sociali, una ricerca molto forte di dignità, espressa in diversi tipi di pratiche, come musica e pittura. C’è tanto da fare, ma ci sono stati progressi: è stata creata l’Accademia di creolo, vi sono testi, radio e Tv in creolo. C’è un nuovo rapporto con la lingua, an- che se gli uomini politici spesso si mettono a par- lare in francese per escludere la maggioranza della popolazione. La questione culturale è cen- trale per l’avvenire di Haiti». Nei servizi, la Chiesa cattolica in molti casi ha sostituito lo stato. Come ha potuto colle- garsi alla cultura tradizionale, come il Vodù? «La Chiesa cattolica in fondo ha giocato un ruolo importante nello sviluppo di Haiti, perché grazie al concordato del 1960, tra il Vaticano e lo stato haitiano, religiosi e religiose hanno potuto aprire scuole e hanno avuto anche responsabilità di scuole pubbliche, ed è grazie a queste persone che abbiamo potuto avere una vera cooperazione sul- l’educazione. La Chiesa ha avuto un ruolo capitale per la cultura e, allo stesso tempo, è stata respon- sabile di strutture a carattere sociale: ospedali, aiuto ai più poveri. La Chiesa cattolica è stata un apparato che ha permesso allo stato haitiano di sopravvivere, di esistere. Ma, evidentemente, c’è qualcosa di contraddittorio e paradossale, perché i missionari non sempre hanno capito la cultura haitiana e questo ha spesso spinto a voler eradi- care il Vodù, che è un’eredità africana. C’erano molti pregiudizi contro la cultura africana: tutto quello che arrivava da quel continente era consi- derato come stregoneria, era demonizzato. Que- sto ha creato nella mentalità ad Haiti, una ten- denza a separare la gente cattolica da coloro che vivevano nelle campagne e praticavano il Vodù. Una situazione cambiata con il Concilio Vaticano

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