Missioni Consolata - Maggio 2016

MAGGIO 2016 MC 41 Creatività istituzionale Nelle settimane successive è regnata la confusione istituzionale. Il presidente Martelly ha finito il suo mandato il 7 febbraio, secondo la Costituzione, e non è stato eletto un nuovo presidente. Il parla- mento non era completo e il governo era anch’esso in scadenza. I presidenti di Senato, Camera dei deputati e Mar- telly hanno firmato un accordo, per il quale il parla- mento - la cui legittimità è contestata perché figlio di queste elezioni - avrebbe eletto un presidente provvisorio che, in 120 giorni al massimo, dovrà or- ganizzare il secondo turno e installare un nuovo presidente. Nell’accordo non si parla invece della Commissione di verifica delle elezioni, richiesta da diversi settori. Il Parlamento ha scelto, il 14 febbraio, Joselerme Privert, presidente del Senato (che così è rimasto senza presidente), già ministro di Aristide e vicino a Préval. Ma per fare questo è stato affossato un primo accordo, più equilibrato, richiesto dalla so- cietà civile, che prevedeva come presidente provvi- sorio l’attuale presidente della Corte di Cassazione. «L’opposizione vuole accedere al potere, e l’unico modo è cacciare Juvenal Moise, l’imprenditore agricolo arrivato in testa al primo turno. Narcisse vuole prendere il potere, ha dietro Aristide. Lei è arrivata quarta». Ci spiega Ricardo Augustin. Grazie a questa operazione, sebbene per un man- dato provvisorio, partito al potere e opposizione hanno invertito i ruoli. Oggi è Lavalas (partito di Aristide e, in passato, di Préval) che gestisce il po- tere. Ci dice il senatore Onondieu: «Noi vogliamo continuare il processo elettorale, ma non sembra questa l’intenzione del presidente, che vuole re- stare al potere il più a lungo possibile». È abba- stanza chiaro che non ci sono i tempi tecnici per una revisione elettorale e per l’organizzazione di elezioni anche parziali entro la scadenza del presi- dente provvisorio. Suzy Castor: «Un’opzione è che il governo provvisorio si proroghi, altrimenti se ne deve fare un altro. Ma la transizione durerà 8-12 mesi. È una situazione molto complessa, non è solo una crisi elettorale, ma è più vasta, è una crisi so- ciale. E non data ieri». E continua: «C’è anche una profonda crisi economica. Il debito è enorme e pesa sulla popolazione, salvo un piccolo gruppo di potere. Il costo della vita è aumentato a causa della svaluta- zione della moneta. Assistiamo all’affondamento dello stato, alla sua delegittimazione, e alla degrada- zione della classe media, che si è impoverita e si è ri- dotta». Mi vengono in mente le parole di un leader conta- dino di Gros Morne, nel Nord (povero) del paese: «Haiti è un paese ricco, ma l’ipocrisia dei paesi che lo circondano non vuole che si sviluppi. Noi stiamo bene qui e vogliamo sfruttare la nostra risorse». È la coscienza di avere una grande ricchezza cultu- rale, naturalistica, produttiva e volerla sfruttare al meglio per fare andare avanti le cose, per migliorare la vita delle persone. Sono passati vent’anni. Una generazione. Sono sulla Grande rue, il centro pulsante della capitale. Guardo davanti a me un giovane bagnato di sudore che spinge un carretto. Vedo un neonato del 1995. Non ha avuto molto di più di suo padre. Anzi, forse a lui è pure negata la speranza in una vita migliore. Per sé e i suoi figli. Marco Bello DOSSIER MC | HAITI In alto a sinistra : Hillary e Bill Clinton inaugurano la zona indu- striale di Caracol, il 22 ottobre 2012. In basso : volto di leader contadina, sulle montagne del Sud Est (Jacmel). Sopra : un agricoltore prepara la terra. Gli haitiani coltivano su montagne impervie.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=