Missioni Consolata - Maggio 2016
A tterro all’aeroporto internazionale Tous- saint Louverture che è già sera e non fa particolarmente caldo. È fine febbraio, è vero che anche qui è inverno, seppure tro- picale. Forse è arrivato il fenomeno del cambia- mento climatico. Quest’arietta fresca non me la ri- cordavo. Il mio pensiero va al 1995. Era luglio, quando per la prima volta misi piede sull’isola. Il clima era diverso, e non solo quello meteorologico. Si grondava di sudore tutto il giorno. I marines sta- tunitensi erano ovunque. Avevano appena riportato il presidente Jean-Bertrand Aristide al potere, amato dal popolo, ed esautorato tre anni prima, a fine 1991, da un colpo di stato, organizzato e finan- ziato dagli stessi Stati Uniti, con a capo George Bush (padre). Era un esempio troppo pericoloso per gli altri paesi sotto l’influenza statunitense. Per riportarlo in patria, Bill Clinton, diventato presidente degli Usa, aveva imposto ad Aristide di firmare le famigerate concessioni ai piani di ag- La Crisi Di oggi e Le sUe CaUse neL Passato VENT’ ANNI DOPO DI M ARCO B ELLO Haiti è un paese davvero strano. Unico, con una cultura forte, speciale, che affonda le sue radici nella singolarità della storia del suo popolo. La dominazione di un piccolo gruppo su una molti- tudine, un passato di schiavitù e di rivoluzione antischiavista, antirazzista e anticoloniale. Come ci spiega bene il professor Laënnec Hurbon nell’intervista che segue. Un paese che provoca due reazioni opposte alla prima visita. Chi prova repulsione e vuole andarsene appena possibile, chi invece vi rimane attaccato per la vita. Dopo due decenni di frequentazione mi viene spesso rivolta la domanda: cosa è cambiato ad Haiti in questi 20 anni? Difficile rispondere. Poco, se si guarda il livello di vita della grande mag- gioranza degli haitiani. Molto, se si esaminano gli stati d’animo delle persone incontrate. 38 MC MAGGIO 2016 giustamento strutturale, tra le quali l’abbassa- mento dei dazi doganali per il riso e il mais, che avrebbero sancito l’invasione dei prodotti alimen- tari made in Usa e di conseguenza la miseria di centinaia di migliaia di famiglie di contadini hai- tiani e il loro inurbamento in enormi bidonville. Ma in quel momento l’euforia era grande. Titid (come Aristide veniva chiamato in creolo) era il messia, tornato per salvare la sua gente. Il sacer- dote salesiano era diventato presidente a furore di popolo con le prime elezioni davvero democra- tiche e partecipate, nel dicembre 1990. Il prete era espressione dei movimenti della società civile, che affondavano le loro radici nella classe povera ru- rale, quei contadini animati attraverso le comu- nità ecclesiali di base portate dal vento della Teo- logia della liberazione. Purtroppo però, Titid, in esilio proprio negli Usa, era stato comprato dai democratici con a capo Clinton.
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