Missioni Consolata - Aprile 2016

sumatori di pagare annualmente l’equivalente di cento milioni di dollari per elettricità di fatto non utilizzata. Nessuno dei membri del consor- zio, per la verità, ha fatto una tra- gedia del ritiro della Banca, anzi, pare che alla Ketraco qualcuno abbia perfino commentato: me- glio così, tanto creava solo inutili ostacoli. Tanto più che, se ancora c’erano dubbi sull’affare rappre- sentato dal parco eolico, ci ha pensato Google a fugarli, but- tando sul piatto quaranta milioni di dollari per riservarsi il 12,5 per cento delle quote una volta che l’impianto sarà funzionante. Il co- losso statunitense ha così voluto ribadire il suo interesse per le energie sostenibili e, ovviamente, anche per l’opportunità di au- mentare i propri clienti, dal mo- mento che elettricità e Internet vanno a braccetto. Pro e contro Anche nel caso del parco eolico non mancano le perplessità e i contrasti, a cominciare dalle diffi- coltà di comprensione del pro- getto da parte della popolazione locale nella fase iniziale delle con- sultazioni. In più ci sono anche ri- corsi legali da parte dei rappre- sentanti comunitari contro le vio- lazioni del diritto alla terra (so- prattutto per garantire il diritto di pascolo) nelle aree dove saranno installate le turbine. A questo si aggiungono poi come per gli im- pianti petroliferi le aspettative non sempre soddisfatte delle co- munità riguardo alla creazione di nuovi posti di lavoro (i locali non sono preparati per un lavoro così diverso dalla pastorizia e dalla pe- sca), l’arrivo di personale esterno e l’incremento del flusso turistico grazie a strade migliori, con tutto quello che ne consegue in termini di aumento dei prezzi, incidenza di malattie sessualmente trasmis- sibili e impatto complessivo su una comunità finora fortemente isolata. Da ultimo, a complicare la situa- zione, ci sono i contrasti sulla spartizione dei benefici tra la Marsabit county (con i Turkana e altre etnie) e la Samburu county (prevalentemente Samburu) che condividono gli incerti confini pro- prio nell’area del wind park . Progetti come questi, come mi- nimo inducono un miglioramento dal punto di vista delle infrastrut- ture, a cominciare dalla costru- zione delle strade e, come dice un leader comunitario citato dal Guardian , «offrono ai bambini una scelta che i loro padri e nonni non hanno avuto». Ma è proprio su questo che si gioca la partita: se non ci sarà una chiara ed equa ripartizione dei benefici e un coin- volgimento reale delle comunità, il Turkana non sarà un modello di sviluppo per tutta l’Africa ma un incubo fatto di sfruttamento, de- vastazione degli ecosistemi e mi- grazione forzata di migliaia di per- sone verso le già affollate e do- lenti periferie urbane. Chiara Giovetti ciascuna su una superficie di circa 160 chilometri quadrati, per un costo complessivo vicino ai 700 milioni di dollari: l’investimento privato più consistente nella storia del Kenya indipendente, capace di fornire al paese circa un quarto dell’energia di cui ha bisogno. Il Turkana è particolarmente indi- cato per lo sfruttamento dell’ener- gia eolica, poiché il vento in que- sta zona permette di raggiungere un fattore di capacità cioè il rap- porto fra l’energia effettivamente prodotta e quella che l’impianto è capace di produrre in condizioni ottimali costanti del 62 per cento, contro il 25-35 per cento degli altri impianti. La Banca Mon- diale, all’inizio fra i sostenitori del progetto, si è sfilata nel 2012 dopo avere sollevato dubbi sulla capa- cità del sistema kenyano di assor- bire davvero tutta quell’energia, sottolineando il rischio per i con- MC RUBRICHE © Gigi Anataloni 5x1000 A MCO CF 97615590011, PERCHÉ NO? APRILE 2016 MC 71

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=