Missioni Consolata - Aprile 2016

L e morti si susseguirono una dopo l’altra, con ritmo im- pressionante, nella casa di Makene, un facoltoso an- ziano della tribù dei Wasukuma in Tanzania. Dopo la celebrazione dell’ultimo lutto rituale, il figlio maggiore di Makene interrogò il genitore: «Pa- dre, un tempo i nostri capi come punivano gli stregoni?». Seguì un lungo e inquietante silenzio. Poi l’anziano Makene indugiò su al- cune considerazioni. Infine il figlio maggiore e i suoi fratelli se ne an- darono senza proferire parola. Ma in cuor loro avevano deciso: biso- gnava sopprimere subito quel lo- sco stregone, responsabile di tutti gli oscuri mali che avevano fune- stato la loro casa. Il giorno succes- sivo i figli di Makene fecero irru- zione nello «studio dello stregone» proprio mentre stava trattando una paziente. Lo stregone venne immobilizzato in un lampo, portato fuori e impiccato ad un albero sotto lo sguardo compiaciuto di tutti. Quello era uno stregone davvero singolare. Anni prima era un sacer- dote cattolico: padre Joni. Invaghi- tosi di una giovane donna, stava per abusarne. Ma lei resistette. Non solo, con un sasso colpì sul volto l’aggressore. La notizia fece il giro del villaggio, e il prete divenne il bersaglio della derisione gene- rale. Ebbro di rabbia e di vergogna, si disse: «Io sono figlio di uno stre- uNA PrATIcA ANcorA dIFFuSA La stregoneria continua a esistere e a fare danni. Sia quando viene praticata, sia quando viene combattuta. Per questo i missionari si muovono con cautela. Facendo anche atten- zione a non sbagliare bersaglio, come in pas- sato a volte accadeva. Ad esempio, i «medici tradizionali» non sono stregoni. Anzi, essi hanno un ruolo e una funzione positivi. STREGHE E STREGONI # Le foto di queste pagine, dall’archivio della rivista, sono simboliche e sono state scattate in tempi diversi in Tanzania e in Sudafrica. TANZANIA di FRANCESCO BERNARDI

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