Missioni Consolata - Aprile 2016
miglia, dalla sua inferiorità ri- spetto alla legge, che rende il di- vorzio più facile per il sesso ma- schile. Il mehrieh , soprattutto se di valore consistente, è ancora vi- sto come un mezzo per scorag- giare i mariti dal divorziare, per- ché in quel caso devono versare alla moglie quanto pattuito: l’ob- bligo è categorico e chi non lo as- solve finisce in prigione. A parte che non pare una buona idea le- gare a un ricatto la tenuta di una relazione, e compensare con il denaro le anacronistiche spere- quazioni stabilite dalla legge isla- mica nei confronti delle donne, vediamo quali risvolti ha assunto oggi questa istituzione. Il peso delle monete (d’oro) Fino alla generazione dei miei ge- nitori, in Iran i divorzi erano una rarità, ma ciò non vuol dire che i mehrieh fossero ingenti. Al con- trario. Al tempo la cosa era vista più come una formalità piuttosto che come il procacciamento di una rendita da parte della mo- glie. Tanto è vero che le donne non pensavano di farne richiesta e il suo valore era spesso pura- mente simbolico. Lo stesso vale, più o meno, per la generazione seguente, vale a dire le famiglie formatesi a cavallo della rivolu- zione e negli anni immediata- mente successivi. Dagli anni No- vanta il numero di divorzi ha preso gradualmente a salire, mentre cresceva l’entità del mehrieh . Si è anche stabilita la consuetudine di definirli in ter- mini di monete d’oro. Il numero delle monete d’oro che la futura moglie chiedeva di indicare nel contratto matrimoniale ha co- minciato a lievitare: cento, due- cento, trecento, mille! È partita una gara al rialzo, la consistenza del regalo promesso dal marito è diventata oggetto di vanto e se- gno di eccellenza. Una figlia non doveva avere meno dell’altra, l’a- mica meno dell’amica. Semmai di più. È addirittura diventato di moda chiedere un numero di monete d’oro corrispondente al- l’anno di nascita della donna. Quest’anno il calendario islamico segna 1394: se si segue questo criterio, il conto diventa molto salato. Le carceri si sono riempite di uomini impossibilitati a pa- gare. Altri hanno tentato la fuga all’estero. La fuga, tuttavia, non mette al riparo la famiglia del marito, che deve rispondere, per quanto può, in vece del con- giunto. Tanto che il governo è dovuto intervenire con una legge che ha portato a 110 il numero massimo di monete esigibili dalla moglie, se il marito non è in grado di dare di più. Al prezzo at- tuale dell’oro, si tratta di circa 27.500 euro, in un paese dove lo stipendio medio è intorno ai 350 euro. È stato anche cancellato il rischio del carcere per il marito che dimostri di non poter pagare in un’unica rata il debito. Lo pa- gherà con modalità decise dal tri- bunale. Ciononostante, il nu- mero dei divorzi è cresciuto in modo impressionante, soprat- tutto negli ultimi dieci anni. Le statistiche ufficiali dicono che l’anno scorso a Teheran ogni 100 matrimoni si sono registrati 70 divorzi. Questo indica che i soldi non tengono insieme una coppia, al contrario possono diventare proprio il motivo della sua sepa- razione. Sono molte le donne che, dopo le nozze, si rivolgono al tribunale per avere un mehrieh che il marito non è in grado di pagare. Inutile dire che questo tipo di richieste hanno come esito il divorzio. Di storie simili se ne sentono spesso. Un mio cono- scente, chiamiamolo Abbas, ha recentemente celebrato le nozze del figlio. Qualche tempo fa lo in- contro. Non è più lui, sembra in- vecchiato di dieci anni. Decide di sfogarsi. Dopo quattro mesi di matrimonio la giovane nuora ha citato in giudizio il marito per avere il mehrieh . Quando Abbas ha tentato di far ragionare la ra- gazza è stato investito da una se- rie di oscenità. «Non ha avuto nessun rispetto dei miei capelli bianchi, mai sentito niente del genere». Abbas fa il tassista, la sua non è una famiglia bene- stante. Si può ben capire che una simile richiesta li abbia messi in crisi. È chiaro che questa visione com- merciale del matrimonio non porta buoni frutti. Un altro mio L’origine del mehrieh La legge islamica prevede che il contratto di matrimonio con- tenga obbligatoriamente l’indica- zione di un regalo, mehrieh , che il marito s’impegna a fare alla moglie. Mehrieh può essere una somma in denaro, una proprietà, o altri beni, come oro, gioielli, ma anche oggetti di uso quotidiano. Sono l’uomo e la donna con le re- lative famiglie a stabilirne l’entità e la natura. L’impegno può es- sere assolto dal marito all’atto del matrimonio, o rimandato a un momento successivo, di co- mune accordo. In ogni caso, la moglie in ogni momento della sua vita matrimoniale può chie- dere di avere il suo mehrieh . Quando è nata, questa istitu- zione, che trae origine dal Co- rano («E date alle vostre spose la loro dote», recita per esempio il versetto 4 della Sura IV), aveva lo scopo di garantire alla moglie un aiuto in caso di divorzio o di morte del marito. Ciò era giustifi- cato dalla tradizionale subordina- zione all’uomo della donna, dalla sua esclusione dalle fonti di red- dito, dalla sua penalizzazione nella divisione dell’eredità di fa- • Teocrazia | Donne | Matrimonio | Dote • MC ARTICOLI APRILE 2016 MC 53
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