Missioni Consolata - Aprile 2016

42 MC APRILE 2016 Gli effetti delle politiche di «mano dura» A partire dal 2003, in El Salvador, il fenomeno delle pandillas è stato affrontato attraverso le co- siddette politiche «di mano dura», e provvedi- menti legislativi repressivi, che prevedevano l’ina- sprimento delle pene e permettevano arresti di massa di giovani delle aree urbane marginali. Tali provvedimenti non accompagnati da alcuna politica sociale, insieme alle massicce campagne mediatiche criminalizzanti, non hanno raggiunto l’obiettivo desiderato, e hanno anzi favorito un processo di cambiamento e aggravamento del fe- nomeno. Gli arresti di massa costrinsero i mare- ros a nascondersi, isolando ulteriormente le cli- quas dal resto della società. Il forte clima di so- spetto nei confronti di chiunque fosse vicino, an- che solo in apparenza, a una mara , rese ancora più difficile l’integrazione sociale dei giovani pro- venienti dalle comunità marginali, e pressoché impossibile il reinserimento degli ex pandilleros . L’incarceramento di molti compagni e capi raf- forzò la coesione e l’organizzazione delle pandil- las , sia all’interno delle carceri, sia all’esterno. An- che la solidarietà nella cliqua divenne più forte: i pandilleros in libertà si organizzarono per aiutare i compagni detenuti, fornendo loro beni e denaro, e ostacolando le indagini e i processi attraverso le minacce ai testimoni. Aumentarono quindi le ne- cessità economiche e la strutturazione dei gruppi, spingendo le pandillas a «professionalizzare» la loro attività criminale, soprattutto nell’ambito delle estorsioni. Inserendosi nel commercio della droga e prestando la propria manovalanza come sicari, le bande hanno decisamente superato - ma non annullato - l’aspetto simbolico della violenza (affermare il proprio dominio sulla pandilla rivale e sul territorio), acquisendo i tratti tipici dei gruppi criminali organizzati. L’inserimento della MS-13 nell’elenco delle organizzazioni criminali transnazionali da parte del Dipartimento del Te- soro degli Usa ne è in qualche modo la certifica- zione. Dalla tregua all’escalation I due governi di sinistra, guidati da Mauricio Fu- nes (dal 2009 al 2014), e da Salvador Sanchéz Ce- rén (dal 2014 a oggi), nonostante le promesse, non hanno saputo prendere le distanze dalle politiche repressive e persecutorie attuate dai governi del precedente ventennio, guidati dal partito della de- stra nazionalista Arena. In prossimità della fine del suo mandato, il presidente Funes tentò di argi- nare la violenza crescente stipulando un accordo segreto (la cosiddetta «tregua») con le pandillas . Tale patto, raggiunto con la mediazione di un mili- tare, di un parlamentare ex-guerrigliero e di un vescovo castrense, impegnava la MS-13 e la Bar- rio 18 a smettere i reciproci ammazzamenti in cambio di alcuni benefici, tra cui il trasferimento di trenta capi mareros da un carcere di massima sicurezza a un istituto con un regime meno se- vero, dove sono consentite le visite dall’esterno, e A sinistra : 16 luglio 2012, consegna simbolica in Plaza Barrios (San Salvador) delle armi da parte delle bande a monsignor Fabio Colindres (ordinario militare in El Salvador) e Raul Mijango (ex guerrigliero - uno dei comandanti dell’Esercito popolare rivoluzio- nario del Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Martí (Fmln) - che ha partecipò al processo di pace in El Salvador), in presenza dell’allora segretario generale dell’Osa, José Miguel Insulza. Qui sopra : mareros nel carcere di Quezaltepeque. A destra : carcere di Quezaltepeque, 2012. Da sinistra : Adam Blackwell, il segretario dell’Oea per la sicurezza, monsignor Fabio Colindres, Ronald Ochaeta, rappresentante del Consiglio perma- nente dell’Oea, e un membro della Barrio 18. Departamento de Seguridad Publica OEA / Arena Orte/Flickr.com OEA / SMS Arena Ortega/Flickr.com

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