Missioni Consolata - Aprile 2016
liti fermare i giovani per strada, immobilizzarli e sollevare loro le magliette per verificare l’even- tuale presenza dei disegni incriminanti. Convivere con le pandillas Terrore, rassegnazione, rabbia. Sono questi i ter- mini che descrivono la situazione di chi vive nei territori controllati dalle pandillas , di quelli che i mareros chiamano «civili», mutuando il linguag- gio bellico. Nella maggior parte dei casi la gente non riesce a opporsi al potere della banda, che im- pone le proprie regole per esercitare le sue atti- vità criminali. Solo raramente la popolazione di un quartiere o di un villaggio riesce a resistere al- l’infiltrazione delle bande o a contenerne le pre- tese di dominio. Lo strapotere delle maras , la loro guerra aperta con le autorità, il clima di insicurezza, spingono ogni anno migliaia di persone ad abbandonare il proprio luogo di residenza. Accanto a coloro che cercano rifugio in altre zone del paese o all’in- terno del Centroamerica, vi sono migliaia di altre persone che intraprendono il pericoloso percorso migratorio verso gli Stati Uniti e il Canada, pur sapendo che l’attraversamento del Messico e l’in- gresso illegale negli Usa li esporrà alla violenza dei trafficanti, agli interessi di organizzazioni cri- minali tra le più pericolose al mondo, e di autorità pubbliche corrotte, e al rischio del rimpatrio. Responsabili, ma non di tutto Secondo Jorge González Méndez, le stime dell’U- nodc sul numero di pandilleros presenti in El Sal- vador sono troppo ottimistiche, e ci dice che altre parlano di circa 60mila membri (su una popola- zione di poco superiore ai sei milioni di abitanti: un pandillero ogni 100). Quali che siano le stime più attendibili, si tratta comunque di numeri im- pressionanti. Essi tuttavia non possono in alcun modo giustificare la criminalizzazione e stigma- tizzazione dell’intera popolazione adolescente e giovane, di fatto portata avanti dai mezzi di comu- nicazione e da gran parte delle forze politiche. Allo stesso modo, è semplicistico ed errato attri- buire l’intera responsabilità della violenza in El Salvador alle maras , facendone un capro espiato- rio per tutti i problemi del paese. APRILE 2016 MC 41 DOSSIER MC | PANDILLAS A sinistra : carcere di Quezaltepeque (El Salvador). Qui sotto : bus a San Salvador. L’estorsione delle maras nei con- fronti delle compagnie di trasporto, le frequenti rapine o richieste di «pedaggi» ai danni dei passeggeri, fanno degli autobus un luogo insicuro, a cui però i salvadoregni di ceto medio e basso non possono rinunciare per le proprie attività quotidiane. Sopra : Adam Blackwell, segretario dell’Oea per la sicurezza, parla con i mareros incarcerati a Quezaltepeque. © Annalisa Zamburlini OEA / SMS Arena Ortega/Flickr.com
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