Missioni Consolata - Aprile 2016

APRILE 2016 MC 39 strada, in spagnolo chiamati pandillas o maras . Erano semplici gang composte da giovani latinos che si riconoscevano in un’identità comune (la na- zionalità o la lingua, il modo di vestire, la musica ascoltata, ecc.). Negli anni ’80 due grandi bande assunsero il predominio sulle altre: erano la Pan- dilla Barrio 18 (in origine composta prevalente- mente da messicani) e la Mara Salvatrucha (MS- 13), formata da salvadoregni. La rivalità tra le due bande nacque, per ragioni difficili da rintracciare, nei primi anni ’90, quando iniziò una feroce guerra che ha provocato fino a oggi decine di migliaia di vittime. Deportazioni in massa Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 gli Stati Uniti decisero di fronteggiare la violenza e la delinquenza causate dalle gang giovanili rim- patriandone in massa i componenti. In partico- lare, dopo che El Salvador pose fine alla guerra civile con la firma degli accordi di pace del gen- naio 1992, il Servizio per l’immigrazione e la cit- tadinanza ( The United States Immigration and Naturalization Service ), attraverso la Violent Gang Task Force , intensificò l’attività di identifi- cazione e rimpatrio degli immigrati con prece- denti penali. Nel 1996 il Congresso approvò una nuova e più restrittiva legge sull’immigrazione, che portò al rimpatrio di decine di migliaia di centroamericani. Le conseguenze di quella legge si registrano tutt’oggi: secondo il Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti, le per- sone con precedenti penali arrestate all’interno degli Usa ed espulse verso altri paesi, in partico- lare El Salvador, Honduras, Guatemala e Messico nel 2013 è stato di 110.115 unità. Il fenomeno delle espulsioni negli anni ‘90 ri- guardò persone che spesso avevano vissuto gran parte o tutta la loro vita negli States. Queste, arri- vate nei loro paesi d’origine, si trovarono di fronte a un mondo estraneo, che tentava faticosamente di rialzarsi dopo decenni di violenze politiche, mi- litari e sociali, con istituzioni fragili e altissimi li- velli di povertà e disoccupazione. Privati della possibilità di inserirsi positivamente nel nuovo contesto sociale, i pandilleros nordamericani por- tarono in El Salvador, Honduras e Guatemala il loro stile da gangster di strada e, con esso, la riva- lità tra le due grandi maras , la MS-13 e la M-18. Nel tempo, le due bande si sono trasformate in reti transnazionali (che collegano i tre paesi cen- troamericani e gli Usa), alle quali appartengono migliaia di piccole cellule locali chiamate cliquas . Vita da pandilleros Le due grandi pandillas si assomigliano per orga- nizzazione e regole di condotta. Entrambe infatti prevedono un violento rito d’ingresso (i ragazzi in genere subiscono un pestaggio da parte dei mem- bri della gang, le ragazze invece possono scegliere se subire un pestaggio o uno stupro di gruppo), in entrambe viene attribuito ai nuovi membri un nome nuovo, entrambe hanno un rigido codice comportamentale, basato sull’obbedienza, il ri- spetto per il gruppo e la solidarietà tra i membri. Le due maras si contrappongono l’una all’altra e la fedeltà al gruppo esige che i propri membri DOSSIER MC | PANDILLAS Pagine 36-37 : a sinistra , membri della Pandilla Barrio 18 nel carcere di Quezaltepeque (El Salvador) durante una visita dell’Oea (Organi- zacion de los Estados Americanos) nel 2012, nell’ambito del pro- cesso di pacificazione tra le Pandillas (la cosiddetta «tregua», ormai fallita). Alla visita parteciparono il segretario dell’Oea per la sicu- rezza, Adam Blackwell, il rappresentante del Consiglio permanente dell’Oea, l’ambasciatore guatemalteco Ronald Ochaeta, l’ambascia- trice salvadoregna della missione permanente di El Salvador presso l’Oea, Arena Ortega, e l’ordinario militare in El Salvador, monsignor Fabio Colindres. | A destra : San Salvador, un «residencial» (o «gated community»). Per garantirsi maggiore sicurezza, gli abitanti delle strade residenziali nei quartieri di ceto alto e medio le chiudono con cancelli e si suddividono le spese per la vigilanza armata privata. Qui : altre immagini del carcere di Quezaltepeque (El Salvador). OEA / SMS Arena Ortega/Flickr.com

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