Missioni Consolata - Aprile 2016
32 MC APRILE 2016 6. IL GIUBILEO SHENÀT HAYYOBÈL (LV 25,28) Misericordia voglio STORIA DEL GIUBILEO di Paolo Farinella, prete A bbiamo già visto che tutto ruota attorno alla questione della proprietà della terra, dopo l’e- ditto di liberazione del re Ciro (538 a.C.), contesa tra i possessori di fatto che non erano stati deportati e gli esiliati rientrati che vantavano il diritto legale alla proprietà. Schiavi per debiti Il rientro dall’esilio, quindi, non è stato quel trionfale e gioioso ritorno descritto dai testi sacri, ma un doloroso incidente che ha portato quasi a una guerra civile. Da un lato, per i residenti che non erano stati deportati, i nuovi arrivati erano intrusi, anzi «stranieri», venuti a scombussolare la loro tranquilla, anche se povera, esistenza. Erano passati cinquant’anni da quei fatti dolorosi e l’esilio era un ricordo nella memoria. Da parte loro, gli immigrati ritornati, pretendevano di rientrare in possesso di tutte le proprietà che erano stati costretti a lasciare per la violenza dell’invasore di al- lora. Si erano dunque creati due partiti contrapposti, di cui abbiamo un indizio forte nel capitolo 5 del libro di Neemia. Quando una famiglia povera faceva un debito gravoso, dava in pegno un figlio o una figlia «come schiavo» che poteva essere trattenuto per sei anni, ma non oltre (cf Dt 15,12). Nella situazione di estrema povertà di quel tempo, i ricchi erano arrivati a prendere come ostaggi-schiavi molti ebrei, cioè fratelli dello stesso popolo e della stessa religione. Neemia aveva imposto il condono dei de- biti e la libertà delle persone, proibendo in nome di Dio che un ebreo potesse essere schiavo di un ebreo. Qui troviamo già il primo nucleo di quello che si svilupperà in seguito e che prenderà il nome «Giubileo», che è dunque un istituto giuridico per rispondere ai problemi sorti con il ritorno degli esiliati nella terra d’Israele. Il Giubileo è la risposta che Israele produce per la soluzione di questi problemi che apparivano senza apparente sbocco: due contendenti avanzavano diritti sulla stessa proprietà. Districare la matassa dopo cinquant’anni non era facile. Solo una scelta drastica poteva imporsi e allo stesso tempo essere stimolo per un progetto futuro. Nasce così il Giubileo che è lo sviluppo naturale del- l’Anno Sabatico. Mentre questo riguardava un periodo relativamente corto (sette anni), per il Giu- bileo si prende la misura «cinquantenaria» che era il periodo di tempo che interessava nella di- sputa tra residenti e rientrati. A circostanze nuove, nuova teologia Oltre che ricostruire il tempio, Esdra e Neemia dovettero riorganizzare la religione, il culto annesso e le leggi che regolavano la vita cultuale del santuario, dimora di Dio. In questa prospettiva si rac- colsero testi e tradizioni del passato, specialmente della tribù di Giuda, ma anche di alcune delle dieci tribù del regno del Nord, facendo una straordinaria opera di redazione finale della raccolta di «scritture» che divennero poi quello che oggi conosciamo come «Toràh» (ebraica) o «Pentateuco» (greco). Ciò avvenne intorno al 444 a.C. Si ripensò anche la cosmogonia, cioè l’origine dell’uni- verso, inventato da Dio per creare lo scenario nel quale si sarebbe svolta la storia dell’alleanza tra il «Dio Onnipotente e Creatore» e il «più piccolo tra tutti i popoli» esistenti sulla terra. La narrazione della creazione, che non è un racconto storico (anche il più sprovveduto se ne rende conto), ha anche uno scopo pedagogico perché l’autore vuole fare un’analogia: come Adamo è stato posto nel giardino di Eden in qualità di custode e servo, così, allo stesso modo, il popolo eletto è stato collocato nella terra promessa d’Israele perché la abiti, la coltivi e la custodisca come corpo prolungato dei Patriarchi e come segno della fedeltà di Dio. Anzi come corpo esteso di Dio perché la terra è «lo sgabello» del trono della sua gloria: «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi» (Is 66,1). Questo testo è la conclusione del libro del Terzo Isaia, vissuto in esilio con i depor- tati. Egli, sviluppando la teologia universalistica del profeta Isaia storico, quello vissuto nel sec. VIII, consola gli esiliati e li incita al ritorno, facendo rivivere la loro storia attuale come una ripetizione di eventi antichi, come l’esodo e la creazione che vengono «ingigantiti» per motivi di natura teologica.
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