Missioni Consolata - Aprile 2016

APRILE 2016 MC 23 • Guerra civile | Diritti umani | Riconciliazione | Media • MC ARTICOLI delle comunità. Io stesso andavo con loro scavando nelle fosse, re- cuperando i resti, le ossa. Ma avevamo molta paura di fare que- sto lavoro, perché si lavorava su braci ancora accese. Infatti, nel 2002, a Nebaj, mi in- cendiarono la casa parrocchiale e, nello stesso periodo, monsignor Cabrera fu trasferito. Lui era quello che aveva sposato mag- giormente la teologia indigena. Tutto questo ci indebolì. Ma cer- cammo di reagire in modo posi- tivo. Realizzammo una marcia e una consultazione a livello delle comunità, per valutare se ave- vamo fatto male qualcosa e cam- biare. La popolazione ci confermò il cammino che stavamo fa- cendo». La potenza della comunicazione E da lì nacque in padre Rigoberto l’idea di utilizzare i mezzi di co- municazione per promuovere la pacificazione. «Con l’appoggio di un gesuita esperto nei media realizzammo una prima radio comunitaria, allo scopo di parlare di riconciliazione, costruzione della pace, evangeliz- zazione e accompagnamento. Iniziammo la ricostruzione della casa parrocchiale, che fu molto più grande, con uffici di servizio, e una biblioteca. E pure la costru- zione di cappelle, che erano state bruciate durante la guerra per ca- stigare le comunità cristiane e mettere in crisi la loro fede. Co- struimmo circa 70 cappelle. Nel 2008 il nuovo vescovo mi chiese di tornare a Santa Cruz (ca- poluogo del Quiché), in una pic- cola parrocchia, e mi incaricò della radio diocesana. In seguito abbiamo creato la rete di radio cattoliche del Quiché, con l’idea dell’unificazione per avere più forza. Iniziai a dare un appoggio alla comunicazione a li- vello nazionale. Poi mi incarica- rono dell’ufficio comunicazione sociale della Conferenza episco- pale guatemalteca. Ero parroco a San Antonio Ilotenango. Comin- ciai a partecipare agli incontri centro americani sui media, dove destini. Fu una cosa che realizzai io con una squadra. I risultati fu- rono impressionanti. Monsignor Cabrera disse che il Guatemala, e il Quiché in particolare, sono un unico enorme cimitero clande- stino. Vivevamo su un territorio pieno di fosse comuni e resti di vittime del conflitto armato». Un lavoro difficile ma necessario «Creammo squadre tecniche di esumazione, per restituire i resti alle famiglie e favorire una ricon- ciliazione che portasse a una pace reale. Era la richiesta della popo- lazione ed era l’aspetto centrale della nostra azione pastorale. Dif- ficile da soddisfare, perché richie- deva strumenti tecnici e legali. Le squadre erano composte da membri della società civile. Le prime esumazioni furono para- digmatiche perché mostrarono la dimensione delle violazioni dei di- ritti umani. Volontari giunti da Europa, Usa, Messico e Centro America, furono parte di queste équipe, insieme a gente indigena © Francesca Rosa

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=