Missioni Consolata - Marzo 2016

82 MC MARZO 2016 LA NOBILTÀUMANA DI ETTORE SCOLA Persone che conosco Personaggi e luoghi con gli occhi di Gianni Minà che un uomo intelligente si pone. Memorabile il teneris- simo dubbio di un proletario innamorato (Marcello Ma- stroianni), iscritto al partito comunista, nel film interpre- tato anche da Monica Vitti e Giancarlo Giannini, «Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca»: doveva considerare disdicevole il fatto che un militante come lui si facesse distruggere dall’amore? In caso contra- rio, il partito avrebbe capito? Era la grande dote di un cineasta, non a caso adorato in Francia, e dei suoi fedelissimi compagni di «scrittura», Age e Scarpelli, quella di tentare di dar risposte, facendo finta di niente, su dubbi apparentemente irrisolvibili della so- cietà che si ricomponeva nella stagione del Dopoguerra. P er avere la conferma di quello che affermo, basta ricordare opere come: «C’eravamo tanto amati», «Brutti, sporchi e cattivi», «La terrazza», ma anche i suoi due capolavori: «La ciociara», con Sofia Loren, e «Una giornata particolare», con la stessa Loren e Mar- cello Mastroianni, due opere in cui la vita è raccontata con la forza inesauribile del nuovo cinema neorealista. In par- ticolare nel secondo film, dove una semplice radiocronaca di Guido Nodari, la voce ufficiale del regime, rende l’idea di un paese prigioniero del fascismo, senza mai far vedere la tragedia incipiente, ma ascoltando la cronaca di una sofferenza che sta per spiegare tutto. D’altronde Ettore Scola non si fece mai sfuggire, sia che facesse parodia, ironia o cronaca, l’occasione di documen- tare quello che stava accadendo. Ricordo in questo senso il suo coraggio nell’andare con al- tri colleghi come Monicelli a documentare il G8 di Ge- nova, la vergogna del comportamento delle forze dell’or- dine nei confronti dei cittadini che pretendevano verità. «Ho maledetto tutte le sigarette che ho fumato nella mia vita mentre, correndo nella polvere espulsa dalle strade battute dalle forze dell’ordine, tentavo di essere coerente con me stesso nel filmare quello che il sistema non voleva fosse visto» - mi disse qualche giorno dopo quando qual- cuno tentava di sostenere che la protesta fosse dovuta a S e dovessi definire il carattere di una persona di grande talento, eppure generosa fino all’umiltà, ci- terei immediatamente Ettore Scola, che forse ha formato il proprio modo di essere con l’abitudine di scrivere per gli altri, imparata nei suoi primordi di sogget- tista e sceneggiatore, quando scrisse, per esempio, «Un americano a Roma», il film che lanciò Alberto Sordi, di- retto da Steno, il padre dei fratelli Vanzina. Ma questa riflessione è ancor più commovente, se penso che Scola, maestro di quella che hanno chiamato «la com- media all’italiana», ha scritto con Maccari, per Dino Risi, «Il sorpasso», la fotografia più precisa dell’Italia del boom economico e della voglia di stare al mondo in qualunque modo dopo una grande tragedia come la seconda guerra mondiale. Ettore, che era arrivato a Roma da un paesotto dell’Irpi- nia, Trevico, così come Sergio Leone e i De Laurentiis da Torella dei Lombardi, aveva fin da subito, da giovane re- dattore del Marc’Aurelio , rivista satirica, sposato la colla- borazione con chi gli stava vicino, il piacere di costruire in- sieme un’idea, un racconto, la capacità di lavorare in gruppo e di consegnarsi spesso ai sogni degli altri. È per questo che il suo addio al mondo non ha portato solo il rammarico per una grande intelligenza e un grande talento che ci hanno lasciati, ma anche la nostalgia di una persona dal cuore nobile. M i è rimasta impressa la disponibilità con cui si mise a disposizione del regista brasiliano Wal- ter Salles e mia per tratteggiare la figura del giovane Che Guevara, che ci accingevamo a studiare nella sua complessità per il film «I diari della mo- tocicletta» che poi fu un successo. Era la storia del viaggio giovanile dell’eroe argentino attraverso il continente lati- noamericano. Ricordo, in particolare, il primo pomeriggio in cui, sul ter- razzo di casa mia, praticamente, Ettore ci mise a lezione proponendoci poi un finale in cui era riuscito a semplicemente tutto quello che il Che era dive mondo e in quell’epoca. I due ragazzi, Ernesto Alberto Granado, al termine del loro viaggio, s sciavano durante una manifestazione giovanile a Caracas e nell’immagine successiva «riappa- rivano» alla testa di un corteo di protesta di coetanei ventenni di tutto il mondo svento- lando una bandiera con l’immagine dello stesso Che, proposta da un ragazzo con la faccia dell’eroe argentino. Poi Salles scelse un finale un po’ più sem- plice, ma la suggestione fu fortissima. Ettore Scola sapeva domandarsi nei suoi film le cose apparentemente più elementari, anche se incastrate nei dubbi più profondi © Massimo Valicchia/NurPhoto

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