Missioni Consolata - Marzo 2016

ARGENTINA 56 MC MARZO 2016 # Sotto : Cristina Fernández de Kirchner, Michelle Bachelet e Dilma Rous- seff l’11 marzo 2014 durante un incontro a Viña del Mar, in Cile; Cri- stina ha terminato lo scorso 10 dicembre il proprio mandato presiden- ziale, mentre Michelle e Dilma sono tuttora presidenti in Cile e Brasile. © Claudio Reyes / AFP Il «machismo» resiste Anche se Cristina è uscita di scena, ci sono ancora due donne presidenti: Michelle Bachelet in Cile e Dilma Rousseff in Brasile. Questo significa che l’A- merica Latina non è più machista ? «Che una donna governi un paese non significa auto- maticamente che ci sia una maggiore eguaglianza di genere. Nella regione la maggior parte degli incarichi di potere in politica, nelle imprese e nei media rimane nelle mani degli uomini. Anche per questo lo scorso giugno si è realizzata una marcia storica titolata NiU- naMenos per denunciare i crescenti femminicidi, sim- bolo massimo di una cultura machista che ancora pre- vale. Le donne presidenti continuano a subire critiche, ad esempio, per il loro modo di vestire o per il loro ca- rattere. In Argentina si era soliti parlare del maquillage o delle borse di Cristina o del suo carattere “irascibile”, dettagli questi che mai vengono evidenziati quando si tratta di un uomo». Il papa argentino La Chiesa cattolica ha eletto un papa argentino. I connazionali di Francesco come hanno reagito? «Ci sono settori della popolazione che ammirano il papa, altri che lo criticano e altri ancora per i quali è in- differente. Nel contempo, per altri motivi, la classe po- litica si disputa la sua figura. Però Francesco ha saputo destreggiarsi e non si è prestato a criticare il governo di Cristina, come speravano i media e i politici dell’op- posizione. Se posso essere sincera fino in fondo, io direi che per il papa c’è più fervore nei media che nelle strade. Anche quando elessero Bergoglio le masse non scesero in strada a festeggiare. Le celebrazioni ci fu- rono, ma discrete. Questo si spiega con il fatto che l’Ar- gentina non è uno stato con un cattolicesimo così radi- cato come invece accade in altri paesi delle Americhe». PaoloMoiola sono quasi autosufficienti. I cartelli della droga del Mes- sico e della Colombia si sono diffusi in decine di paesi e l’Argentina non fa eccezione. Ciò che il crimine organiz- zato ha trovato qui è una corruzione endemica delle forze politiche, che sono complici se non addirittura con- trollano direttamente il businness della droga. È evi- dente infine che c’è lavaggio di denaro, ma purtroppo è un delitto molto difficile da quantificare a causa delle re- sistenze opposte dalle banche a collaborare con la giu- stizia. Detto questo, se è vero che i problemi legati al narcotraffico sono cresciuti, è altrettando vero che in Argentina non raggiungono i livelli di gravità di altri paesi della regione». Pare che il secondo amore degli argentini, subito dopo il calcio, sia il dollaro. Come si spiega? «Ci sono ragioni storiche. Davanti alle ricorrenti crisi economiche che il paese ha affrontato negli ultimi de- cenni, molti cittadini hanno deciso di trovare rifugio nel dollaro per preservare il proprio potere d’acquisto. Inol- tre, negli anni Novanta venne adottata la finzione che il dollaro avesse lo stesso valore del peso argentino. Fu così che moltissima gente si abituò a ragionare in ter- mini di valuta statunitense. C’è una dipendenza psicolo- gica che il governo Kirchner non è riuscito a sconfig- gere. Anche quando sono state applicate restrizioni sulla compravendita del dollaro (misure subito abolite dal nuovo presidente, ndr ), una parte della popolazione ha continuato a comprarlo sul mercato illegale, sebbene fosse molto caro».

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