Missioni Consolata - Marzo 2016

DAI LETTORI Cari mission@ri MARZO 2016 MC 5 teggere gli ultimi abori- geni, e il loro non trascu- rabile patrimonio cultu- rale, da ulteriori abusi. A guadagnarci sarà il mon- do intero. Domenico Di Roberto 16/12/2015 UCRAINA Egregio direttore, mi scuso se vi scrivo ma vorrei rispondere ad al- cune inesattezze che il sig. Elia scrive nell’arti- colo «Kiev non parla rus- so» (MC 12/2015 p. 51). Mi permetto di farlo in quanto mia moglie è rus- sa, e io, dai primissimi anni Novanta, ho vissuto e frequento quei luoghi. Anzi ero proprio là quan- do l’Ucraina e altre ex re- pubbliche sovietiche pre- sero l’autonomia, come pure durante tutto il pe- riodo della guerra cece- na. L’articolo, dopo aver detto giustamente a ini- zio di pag. 52, «La rada, il parlamento, rimase per più di due decenni (20 anni...) prigioniera di una classe politica corrotta fino al midollo controlla- ta da un pugno di oligar- chi (ancora oggi metà del Pil è nelle mani dei 50 uomini più ricchi del paese)», prosegue usan- do la solita propaganda anti russa, omettendo che i pravy sektor sono fanatici ucraini, molti dei quali girano col «Mein kampf» di Hitler in tasca, e che furono gli ucraini a bombardare scuole, o- spedali e case nel Don- bass. Migliaia di famiglie russe sono fuggite per- dendo tutto. Il bel gover- no ucraino non ammet- teva neanche l’uso della lingua russa in nessun organo di stato né nelle scuole a super maggio- ranza russa, etc. I bei de- mocratici americani, MESSE SENZA GIOIA Carissimi Missionari e lettori della rivista, il recente viaggio in Afri- ca di papa Francesco ha risvegliato in me ricordi bellissimi. Ho avuto la fortuna, quasi vent’anni fa, di condividere due mesi della mia vita con padre Aldo Vettori (1931- 2008), nella sua missione di Morijo, in Kenya. Le immagini trasmesse in tv mostravano un popolo in festa: i canti e i balli coin- volgevano tutti, la gente comune, ma anche i preti e le suore! Lo stesso spi- rito di gioia e di parteci- pazione che mi coinvol- geva durante le messe di padre Aldo. È da qui che nasce la mia provocazio- ne: perché da noi, in Ita- lia invece, a parte rari casi, la messa è pervasa da un clima mesto e au- stero? Sono solo io (e la mia misera fede) a per- cepire questo clima che di gioioso ha veramente poco? Come pensa la Chiesa di attirare i fedeli o di convertirne di nuovi? Poi ci stupiamo e ci ram- marichiamo se i giovani la domenica non vanno a messa ma preferiscono l’aperitivo con gli amici, il cinema, lo stadio, o pro- grammi televisivi che di edificante hanno poco o niente. Scusate se le mie parole sono state un po’ forti. Vorrei tanto una vo- stra opinione, e se lo ri- tenete, anche quella dei lettori. A voi tutta la mia sincera stima. Paolo Moreschi, Torino, 18/12/2015 Una delle tristezze più grandi che ho provato tor- nando in Italia, ormai ben sei anni fa, è stata quella di sentirmi dire, prima di una messa domenicale: «Sii corto. Qui mezz’ora di messa è già lunga». Ve- nendo da un paese africa- no dove una messa dome- nicale di un’ora era consi- derata troppo corta, una richiesta così mi aveva la- sciato senza parole. Il vangelo delle nozze di Ca- na, ascoltato la seconda domenica del tempo ordi- nario a metà gennaio, racconta di una festa di nozze senza gioia perché era venuto a mancare il vino, e il responsabile del- la festa manco se n’era accorto. È la parabola di una religione che ha per- so la sua freschezza, che ha dimenticato la vivacità del primo amore e si è fossilizzata in ritualismi formali dell’obbligo: «Fa- re il precetto, prendere / non perdere / ascoltare la messa». Una religione che un tempo arrivava a discutere su quale fosse il momento dal quale fosse «valida» la messa: dall’i- nizio? dal Vangelo? da do- po la predica? Mentalità del passato, si dirà, ma dura a morire, nonostante il grande sforzo della riforma liturgica promos- sa dal Concilio Vaticano II. «Come pensa la Chiesa di attirare i fedeli o di con- vertirne di nuovi?», chie- de Paolo. Non basta certo l’entusiasmo del solo sa- cerdote per rendere viva una messa, e non è nep- pure il ritorno al barocchi- smo della liturgia triden- tina che può restituire la gioia alle celebrazioni delle nostre comunità de- stinate a essere sempre più senza eucarestia do- menicale a causa della mancanza di preti. La questione di fondo è: cosa intendiamo per Chiesa? Se s’intendono i preti, al- lora davvero caschiamo male. Nel giro di dieci an- ni quasi tutte le diocesi i- taliane (eccetto forse quelle del Sud) avranno perso circa la metà del lo- ro clero, e i sacerdoti, sempre più anziani, gire- ranno come trottole per garantire almeno una messa domenicale alle molte parrocchie che ser- viranno. È urgente convertirsi e pensare «chiesa» in un modo diverso: io, tu, noi, insieme, corresponsabili, tutti attori, tutti membri vivi e attivi della stessa fa- miglia, tutti «concele- branti», superando il bi- nomio attore - spettatori. Solo allora la messa di- venterà quello che è di natura sua, un banchetto nunziale. Questo è il mio commento ai pensieri di Paolo, voi che ne dite? SRI LANKA Sono contento che ab- biate dedicato un repor- tage allo Sri Lanka (MC n.12/15), sarei stato an- cora più contento se qualche parola fosse sta- ta dedicata ai Vedda, mi- noranza etnica a serissi- mo rischio di estinzione. Da secoli contro i Vedda viene combattuta una guerra silenziosa, sub- dola, una guerra fatta con le armi convenziona- li, ma ancora di più con le motoseghe, con i bulldo- zer, con la trasformazio- ne di splendide foreste in piantagioni di tè, di riso, di palma e di altre mono- colture che sono la gioia delle multinazionali. Speriamo che la lettura dell’Enciclica Laudato si’ stimoli almeno i cristiani dello Sri Lanka ad impe- gnarsi di più per salvare, insieme agli ambienti naturali, anche il piccolo popolo dei Vedda. Spe- riamo che chi ha rappre- sentato lo Sri Lanka al- l’ultimo summit sul cli- ma, abbia usato la sua autorevolezza per pro-

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