Missioni Consolata - Marzo 2016

E ssere uccisi, è, per i combattenti dell’Is, una vittoria: «Questo è il segreto. Voi com- battete un popolo che non può essere sconfitto», perché non ha paura della morte ( cfr . «Dabiq», n. 4, 2015). Anzi, la invoca. La componente tanatofila (amore per la morte) di questo radicalismo violento cavalca il concetto isla- mico di «martirio», shahadah , come potente arma di testimonianza e riscatto dei popoli contro l’op- pressore, trasformandolo nell’aspirazione massima cui deve tendere il mujahid , il combattente. Diventa un fine, e non più un mezzo, della «teologia della li- berazione islamica». In diverse pagine del citato manuale del mujahid viene ripetuta l’idea del sacri- ficio cui devono aspirare i «soldati» dell’Is: «Il vo- stro lavoro non finirà finché non otterrete il marti- rio. E chiediamo ad Allah che avvenga presto». La martirologia fa parte del retaggio culturale reli- gioso dei popoli musulmani, sia sunniti sia sciiti, e, secondo l’islamologo francese Bruno Etienne, nel suo libro L’islamismo radicale (Rizzoli 2001), an- cora oggi termini come fityān (giovane, eroe), mujā- hid (colui che intraprende una lotta interiore, e an- che militare, per il bene della comunità), fidā’o shā- hid (sacrificarsi per qualcuno o qualcosa), istishhād (essere testimone tramite il martirio), «moderniz- zati dalle guerre di liberazione nazionale e rivolu- zionaria, dall’Algeria alla Palestina», hanno una connotazione religiosa ed escatologica molto forte, soprattutto in relazione ad apostati, miscredenti, ti- ranni, oppressori. E, dunque, un fidā’ī , uno che si immola individualmente, o un mujāhid , un combat- tente, morti, diventano martiri della fede: shāhid . Il giovane jihadista: chi è? Ciò che hanno in comune i terroristi delle Torri Ge- melle con quelli di Parigi e di altri attacchi in Eu- ropa e in altre regioni del mondo, è il fatto che non corrispondono al modello stereotipato del fanatico religioso: bevono alcool, almeno fino a poco prima di immolarsi, hanno storie di droga, non frequen- tano le moschee, vanno con le prostitute e in locali equivoci, non pregano, i conoscenti li descrivono come allegri, socievoli, giovani che si divertono. Queste considerazioni si applicano tanto ai jihadisti provenienti dalla classe media e alta, quanto a quelli delle classi popolari: sembrano semplici laici, per lo meno fino a poco prima degli attacchi. MARZO 2016 MC 41 FRAGILITÀ PSICOLOGICHE E SOCIALI DI CHI SI ARRUOLA IL GIOVANE JIHADISTA LAFEROCIADELL’IS DI A NGELA L ANO Il desiderio del martirio, il sentimento di essere parte di una comunità eroica di invincibili, il senso di rivalsa verso un mondo che esclude e procura sofferenze, l’esaltazione religiosa, l’abuso di droghe, sono alcune delle caratteristiche dei giovani combattenti dell’Is, spesso con una vita poco o per nulla religiosa alle spalle. © Dabiq 9 DOSSIER MC IS 2

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