Missioni Consolata - Marzo 2016
MC ARTICOLI MARZO 2016 MC 29 L’impegno di una Ong di Torino in Burundi Dalla parte dei neonati Nonostante la situazione difficile, il Comitato di collaborazione medica (Ccm), Ong che opera in am- bito sanitario, continua la sua presenza nel paese, dove un’équipe di due italiani e una decina di bu- rundesi, lottano contro la mortalità neonatale, ancora troppo elevata nel continente. «A bbiamo timore per l’impatto che la situa- zione generale che sta vivendo il paese può avere sul sistema sanitario». Chi parla è Giulia Lanzarini, referente per i progetti in Burundi del Comitato di collaborazione medica (Ccm). Il Ccm, Ong torinese già ospite delle pagine di MC (cfr. MC aprile 2013 e aprile 2012), è impegnata da oltre 20 anni nel piccolo e tormentato paese. Specializzata in ambito sanitario, in Burundi l’Ong ha lavorato negli ultimi tempi sul tema delle violenze ses- suali alle donne e da qualche anno ha all’attivo un pro- gramma per il miglioramento della salute materno in- fantile. «Questo progetto si chiama Kiramama , parola kirundi che è un inno alla vita, una canzone che si canta nel momento in cui nasce un bimbo», ci rac- conta Lanzarini. «Lavoriamo sul tema della salute neonatale, ovvero dei neonati nel primo mese di vita, periodo in cui si ve- rificano ancora troppe morti. Siamo attivi in una delle nostre zone storiche, la provincia di Cibitoke. Qui gra- zie al cofinanziamento della svizzera Fondation assi- stance internationale e dell’8 per 1000 della Tavola Valdese , stiamo realizzando un progetto di rafforza- mento dei servizi per la salute neonatale». Racconta l’operatrice: «Lavoriamo a tre livelli: comunità, centri di salute, ovvero servizi sanitari primari, e ospedali centrali, che nella provincia sono due». Negli ospedali uno degli obiettivi è creare o rinforzare il servizio grazie alla costruzione di un reparto neona- tale dove possano essere seguiti in modo adeguato neonati con criticità, come ad esempio i prematuri, e avere uno spazio destinato a mamme e bimbi per la permanenza. È necessario inoltre garantire l’attrezza- tura e la formazione del personale sanitario che si oc- cupa di neonati. «Negli ospedali arrivano i casi più gravi, direttamente o tramite centri di salute, mentre altri possono esser trattati a livello dei centri stessi». I l progetto del Ccm realizza molta formazione di personale sanitario ai tre livelli, e fornisce attrezza- tura per un rafforzamento del servizio in tutte le sue forme, per far sì che sia in grado di rispondere in modo efficace e repentino alle complicanze. Ha anche attivato un servizio di accompagnamento da parte di un medico locale, una dottoressa esperta in neonatolo- gia, che garantisce un appoggio continuo degli opera- tori sanitari formati. Molto importante è il lavoro fatto direttamente con la comunità. Nella prima fase di progetto è stata speri- mentata la creazione di un servizio a domicilio realiz- zato da «agenti di salute comunitaria». Si tratta di per- sone della comunità che per una loro posizione strate- gica, un livello scolastico poco più elevato della media e una disponibilità a impegnarsi per gli altri, vengono no- minati come referenti a livello di villaggio. Ricevono una formazione affinché possano aiutare i propri compae- sani nella gestione di questioni sanitarie o, almeno, nel- l’identificare possibili situazioni di rischio che richie- dano di recarsi presso i servizi sanitari. «Cerchiamo - continua Lanzarini -, in collaborazione con lo staff dei centri di salute, di formare queste persone, membri della comunità che non hanno formazione sanitaria, e spesso fanno tutt’altro nella vita. Così diventano an- tenne sanitarie a livello comunitario: ci sono insegnanti, commercianti, agricoltori, leader comunitari. Nel no- stro caso specifico, la persona va a visitare la mamma al suo domicilio, nei primi giorni di rientro dal parto, per valutare se tutto sta funzionando bene, se il neonato è in buona salute o se presenta segni di rischio, a fronte dei quali ha mandato di incoraggiare la mamma a rivolgersi al centro di salute nel più breve tempo possibile. Non realizza un intervento sanitario, perché non ne avrebbe le competenze, però è in grado di capire le problemati- che». I n questo modo il sistema sanitario si garantisce una presenza capillare sul territorio, di fatto impossibile per i soli centri di salute. Si vuole che i casi con se- gnali critici non restino a casa ma vadano al dispensa- rio. Si riducono così le situazioni che possono diventare disperate, sulle quali non si può più intervenire. «Si fa in modo che gli agenti vengano seguiti da alcuni membri del centro di salute di riferimento, rafforzando così il le- game tra queste persone». Il progetto realizza anche la sensibilizzazione più clas- sica con le donne e con la comunità, per spingere tutti a impegnarsi a seguire le buone pratiche di cura dei neo- nati e a farsi un po’ più carico della salute dei piccoli». Marco Bello I L PROGETTO K IRAMAMA è parte della campagna Sorrisi di madri africane , lanciata dal Ccm nel 2011 per garantire la salute di mamme e bambini, puntando sulla formazione del personale sanita- rio locale. Entro il 2020, nei paesi dell’Africa sub- sahariana dove è presente - Etiopia, Burundi, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Uganda - l’Ong vuole formare 2.700 operatori sanitari, assistere 170.000 donne durante la gravidanza e il parto, vaccinare e curare 780.000 bambini. Per saperne di più: www.ccm-italia.org
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