Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016
# Queste due foto sono state scattate nello stesso slum di Nairobi. Quale delle due immagini vi convincerebbe di più ad aiutare questi bambini? 68 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 MCO Fondazione Missioni Consolata Onlus Cooperando... www.missioniconsolataonlus.it di Chiara Giovetti «PORNOGRAFIADEL DOLORE» IMMAGINI, COMPASSIONE, DENARO P er parlare delle immagini con cui rappresentiamo i paesi in via di svi- luppo bisognerebbe cominciare dal principio. Cioè dalla fonte del- l’immagine, colui o colei che ne è il soggetto. A chiunque abbia pas- sato più di qualche giorno in viaggio in Africa è capitato di puntare l’obiettivo della macchina fotografica o della videocamera e di trovare, dal- l’altra parte della lente, una mano aperta a coprire il volto e la voce di qual- cuno che dice pas de fotos, no picture : niente foto (o video). Chiedere per- ché no? ottiene una serie di possibili risposte. Fra queste: «perché ho ver- gogna», «perché poi la usi per fare soldi», «perché in Europa fate vedere solo che siamo poveri». Queste frasi non rappresentano, ovviamente, l’u- nico punto di vista, ma sarebbe fuorviante non tenerne conto. Quando ci si trova in un paese in via di sviluppo perché si è operatori di Ong o organizzazioni internazionali, però, le persone con cui si hanno con- tatti sono nella maggioranza dei casi i beneficiari dei progetti di coopera- zione. È raro che una mano si frapponga fra volto e obiettivo perché in ge- nere c’è un rapporto di fiducia fra chi raccoglie le immagini (di solito un membro dell’organizzazione oppure un professionista da questa incari- cato) e chi viene ritratto, che è informato e consapevole. Però, anche con queste premesse, che uso è davvero corretto fare di quelle immagini? È giustomostrare persone in unmomento di sofferenza, dolore, difficoltà estrema se lo scopo è coinvolgere attraverso tv e giornali quanta più gente possibile a sostenere iniziative che mirano a eliminare quella sof- ferenza, difficoltà e dolore? Ed è lecito tentare di allargare l’audience ser- vendosi di personaggi famosi in grado di catturare l’attenzione di quella parte di pubblico che meno s’interessa di questi problemi? Queste sono le domande intorno alle quali ruota il dibattito che, ciclicamente, rimette in di- scussione i metodi usati dalle organizzazioni per la raccolta fondi. Qualcuno la chiama «pornografia del do- lore», e la definisce uno sfruttamento dei drammi altrui per ot- tenere denaro. Qual- cun altro, invece, pensa che mettere lo spettatore di fronte a immagini forti serva per spingerlo a reagire a un’ingiustizia. Il di- battito va avanti da anni e, nel mondo della cooperazione, con particolare inten- sità. Lo riprendiamo ora per capire a che punto siamo. © Gigi Anataloni
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