Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

66 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 Libertà Religiosa serviti e il pappagallo in gabbia, promette regali. Ma il pappagallo ha un guizzo di profonda intelli- genza interiore, e chiede al pa- drone di portare il suo lamento e la sua domanda di liberazione ai suoi simili. Il pappagallo è attanagliato dalla domanda più lancinante che abita l’animo umano: la condi- zione in cui si trova, e che gli sembra naturale, è una condi- zione che porta alla libertà? Il pappagallo della storia ci dice che il sufi si domanda in conti- nuazione se quel che sta vivendo è una prigione dell’anima che porta alla libertà, oppure è in- ganno. Se la gabbia fosse davvero la sua situazione naturale - si po- trebbe dire metafisica -, allora perché desiderare uscire di gab- bia? Il pappagallo, in fondo, non desidera uscire di prigionia, ma soltanto conoscere la verità. È la verità, in realtà, che rende liberi, e se il pappagallo conoscerà la verità grazie ai suoi amici dell’In- dia, sarà pago e felice. La storia ci dice inoltre che la ve- rità si conosce anche grazie alla compagnia degli amici. La ricerca, che tende a una spiritualità della libertà interiore, è comunitaria, è più profondo egoismo individuali- stico: piange e si dispera, ma dalle parole che pronuncia si capisce che non è il pappagallo a interes- sargli, quanto piuttosto la sua voce soave, e «l’intimo confi- dente, giardino e dolce basilico». Il suo amore è tutto intriso di mo- tivi individualistici. Nel suo solilo- quio si accusa e si giustifica, sup- plica e chiede di vedere la verità. possibile solo in gruppo, ha quindi dei risvolti sociali. Il racconto prosegue con il mer- cante che si reca in India, e qui trova dei simili del suo animale domestico. Dopo aver comuni- cato loro il messaggio del suo pappagallo, uno di essi cade morto. Il mercante è assalito dalla tristezza, ma sembra che essa non provenga dalla compas- sione per la sorte dell’animale, quanto piuttosto dal pensiero della morte in sé, e quindi della propria morte, tant’è vero che poi se ne torna a casa «lieto». Si scoprirà poi che il pappagallo in- diano non è morto davvero, ma il mercante non sa andare al di là delle apparenze terrene che lo tengono schiavo. In contrasto con la stupidità mondana del mercante, il pappa- gallino sa interpretare corretta- mente la morte bizzarra del com- pagno indiano. Egli intuisce im- mediatamente la comunicazione profonda che il suo simile gli in- via tramite il mercante. E applica quanto gli è stato suggerito: fa finta di morire. Se il pappagallo capisce subito il segreto inviatogli, il mercante in- vece rimane ingabbiato nel suo N on abbiamo avuto il tempo di dire quale fosse il contenuto del libro di A. F. Ambrosio all’uomo sulla sessantina che, sulla metro, adoc- chiando il titolo del volume che stavamo leggendo, ci ha domandato con entusia- smo se esistessero ancora pubblicazioni di Lotta Continua, riferendosi al noto movimento della sinistra extraparla- mentare degli anni Settanta. «Certo che oggi non si lotta più come lottavamo noi», ci ha detto. Corpo snello e agile, viso asciutto, occhi profondi ed espres- sivi. Purtroppo è sceso alla prima fer- mata lasciandoci soli a immaginare lo stupore che forse si sarebbe disegnato sul suo volto quando avesse scoperto che la nostra lettura non riguardava gli anni di piombo, ma alcune parabole del Vangelo. Ambrosio, studioso del misticismo cri- stiano e musulmano, esperto di sufismo, per spiegare il titolo e il tema attorno al quale ruotano i nove capitoli del suo li- bro, cita il san Paolo della seconda let- tera a Timoteo (4,7): «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede». La lotta continua è quella che ogni cristiano deve condurre quotidiana- mente per scendere in profondità, al nu- cleo della propria vita, e lì stare con Dio, nello «stupore» del suo amore. La particolarità del lavoro di Ambrosio, che lo rende bello, ol- tre che interessante, sta nel nesso che l’au- tore trova in modo esplicito e spontaneo tra il Vangelo e la spi- ritualità islamica, e sufi in particolare. Nei suoi commenti alle parabole della perla preziosa (Mt 13,44-46), del buon Samaritano (Lc 10,25-37), del banchetto di nozze (Mt 22,1-14), della vedova insistente (Lc 18,1- 8), e delle altre, si trova sempre un rife- rimento al sufismo, non accademico, ma spirituale, esistenziale. Lo scopo, piutto- sto che mostrare la comunanza possi- bile tra la via cristiana e quella sufi, è uello di approfondire una piritualità profondamente vangelica anche grazie alla icchezza di un’altra tradi- ione religiosa che Ambrosio onosce bene. l libro non è un trattato sul ialogo interreligioso, ma un esto (leggibile e anche sim- atico) di spiritualità quoti- iana alla portata di tutti, he del dialogo interreligioso issuto concretamente dal- autore in Turchia mostra i rutti. «[…] dialogare rinvia empre al cuore della pro- ria fede, e non bisogna te- mere di perdere la propria tradizione. Al contrario, il continuo dia- logo fa riscoprire la radice del credere». Anche il dialogo, soprattutto in tempi in cui le narrazioni mediatiche delle altre fedi religiose, e in particolare dell’Islam, spesso sono riduzioni distorte, richiede una lotta continua, e il testo di Ambro- sio può dare il suo piccolo contributo. Luca Lorusso LOTTA CONTINUA. LO STUPORE DEL VANGELO A. F. Ambrosio, San Paolo editore, Milano 2015, € 12,50, pp. 135. Fional/Flickr.com

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