Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

tribunali speciali e procure speciali, a differenza di altri paesi di democrazia occidentale. In Francia lo hanno fatto. Anche in Germania, in parallelo con l’epidemia di terroristi suicidi in carcere (era il 1977). Abbiamo celebrato regolari processi, mentre in Gran Bretagna i terroristi dell’Ira ( Irish Republican Army ) sono stati rinchiusi in campi di concentramento, senza essere processati. Di più: il processo ai capi storici delle Br si è svolto nel pieno rispetto delle regole e persino della identità politica degli imputati (ammessi al controinter- rogatorio delle vittime, come nel caso di Mario Sossi, magistrato sequestrato). In Usa problemi analoghi - per esempio nel processo a Bobby Seale (cofondatore delle Pantere nere, ndr ) del 1969 per associazione sovversiva - sono stati risolti accusando l’imputato di oltraggio ogni volta che prendeva la parola. Alla fine, per farlo tacere, il giudice Julius Hoffmann fece legare Seale alla sedia con una catena e imbavagliare con nastro adesivo. Il merito del processo, in pratica, non fu trattato. Nuovi strumenti italiani: la dissociazione In Italia, va pure ricordato, si è cercato di trovare rispo- ste anche utilizzando (con la stagione delle assemblee) gli strumenti della democrazia diretta: la libertà di asso- ciazione e di riunione, il confronto, il dibattito, il dialogo. Così coinvolgendo tutti in problemi che erano appunto di tutti, non delegabili esclusivamente alle forze dell’or- dine e alle autorità preposte alla repressione. Si sono persino cercate soluzioni politiche. Per esempio, con la legge sulla «dissociazione»: senza pentirsi, senza collaborare, i terroristi che lo volevano potevano otte- nere forti riduzioni di pena, semplicemente sottoscri- vendo una dichiarazione di dissociazione dalla lotta ar- mata. Di fatto una specie di amnistia. A fronte della tragedia del terrorismo e dello sforzo vin- cente delle forze sane del paese, rivelano tutta la loro in- consistenza le polemiche astiose scagliate - ieri come oggi - da vari intellettuali, o sedicenti tali, contro la legi- slazione antiterrorismo e contro i processi italiani. Ma quel che interessa, in questa sede, è soprattutto chie- dersi - ferme restando le abissali differenze di cui ab- biamo detto - se sia possibile seguire una strada analoga anche per il nuovo terrorismo transnazionale, in un qua- dro di fermezza che si combini con il rispetto delle re- gole fondamentali, all’interno dei singoli paesi e sul piano internazionale. Gridare alla pace (ma soltanto di giorno) Dopo l’11 settembre, molti sforzi sono stati fatti, molte energie sono state messe in campo per difenderci dal- l’aggressione criminale del terrorismo. Com’era necessa- rio e inevitabile. La stessa cosa sta accadendo ora, dopo le stragi parigine del 13 novembre. Ma non ci siamo sof- fermati abbastanza - né allora né oggi - sul fatto che senza diritti non c’è giustizia, e senza giustizia non c’è pace. Dovremmo partire dalle parole pronunziate da Giovanni Paolo II inaugurando la III Conferenza episcopale latino- americana di Puebla: «La pace interna e internazionale sarà assicurata solo se vige un sistema economico e so- ciale fondato sulla giustizia...». Significa che il precetto evangelico «fame e sete di giustizia» può anche essere tradotto in questi termini: che un sistema politico si ispiri a logiche di sicurezza è necessario, ma se, alla di- sperazione di chi vive nell’ingiustizia, si contrappone sol- tanto uno schieramento armato, se si negano aiuti (ef- fettivi, seri) all’istruzione, alla sanità, allo sviluppo umano, ecco allora che finiamo per avvitarci dentro logi- che contorte e inefficaci. Facciamo come Penelope: gri- diamo pace di giorno, ma prepariamo ingiustizia (vio- lenze) di notte. Un circolo vizioso che occorre rompere: anche perché esso rischia di introdurre poteri così asso- luti da costituire un problema per le libertà e la demo- crazia, nel momento stesso in cui si compiono azioni fi- nalizzate a tutelare (stando ai proclami anche esportare) proprio libertà e democrazia. Buonismo, perdonismo, giustificazionismo: mai sminuire il male Occorre una cornice etica in cui inserire valori di giustizia proclamati da organismi internazionali. Piero Calaman- drei ( Le leggi di Antigone, 1946, Il Ponte, la rivista da lui fondata, ndr ), riflettendo sul processo di Norimberga, chiedeva che le leggi dell’umanità (invece di essere sol- tanto frasi di stile, relegate nei preamboli delle conven- zioni internazionali) si affermassero come vere leggi san- zionate. Auspicava che l’umanità (da vaga espressione retorica) diventasse un ordinamento giuridico. Queste parole di Calamandrei possono assumersi come indirizzo 56 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 # A sinistra : un’immagine tristemente famosa, Aldo Moro con alle spalle il simbolo delle Brigate Rosse che, nell’anno 1978, lo rapirono (16 marzo) e lo uccisero (9 maggio). Sopra : foto segnaletiche dei componenti della banda Baa- der-Meinhof, attiva in Germania (dell’Ovest) dal 1970.

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