Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016
GENNAIO-FEBBRAIO 2016 MC 55 IL TERRORISMO NELLA NOSTRA STORIA I ragazzi di oggi non lo sanno, ma c’è stato un tempo non lontano in cui il terrorismo era indigeno. In Germania, Giappone, Stati Uniti, Francia. E in Italia. Per la quale una cosa va evidenziata: diversamente da altri, il nostro paese ha saputo affrontare il feno- meno rimanendo all’interno dei confini dello stato di diritto. Sia chiaro: quello di oggi è un terrorismo diverso, ontologicamente diverso. Eppure i passi da compiere per scon- figgere fanatismo e violenza non differiscono da quelli del passato. Della legalità e della giustizia La rubrica di Gian Carlo Caselli È estremamente arduo un raffronto fra il terrorismo «indigeno» (Brigate rosse, Prima linea e bande ar- mate di destra) di cui ci si è dovuti occupare in passato nel nostro paese, e il terrorismo interna- zionale che di questi tempi investe - in maniera sempre più drammatica e pesante - diverse aree del globo. Si tratta infatti di mondi abissalmente e ontologicamente diversi. È tuttavia possibile trarre dall’esperienza passata una qualche generica indicazione. Il terrorismo di sinistra - in particolare - non è stato un fenomeno esclusivamente italiano. Alla fine degli anni Sessanta gruppi simili alle Br e a Pl sono comparsi in al- tre democrazie industriali: la Rote Armee Fraktion (cono- sciuta anche come «banda Baader-Meinhof», ndr ) tede- sca, l’Esercito rosso giapponese, i Weather Underground e le Black Panthers statunitensi, la Nouvelle resistence populaire in Francia. Caratteristica esclusiva del nostro paese, però, è stata quella di aver dovuto registrare un terrorismo - di sini- stra e di destra - che ha raggiunto capacità offensive de- cisamente maggiori, rispetto a ogni altra situazione ana- loga, e assai più persistenti nel tempo (le «prime» Br du- rano circa 15 anni). Per di più con tendenza alla riemer- sione ciclica, quasi che la violenza terroristica sia un fiume carsico che non cessa mai di scorrere, neppure quando la storia sembra chiusa. Nonostante questa pessima «esclusiva», possiamo ri- vendicare di essere stati il paese dell’antiterrorismo. Nel senso che abbiamo saputo - ben più che in altri paesi - reagire all’offensiva terroristica senza cedere alla tenta- zione di sbrigative «scorciatoie». L’obiettivo dei brigatisti era chiaro. Costringere lo stato (a forza di omicidi e «gambizzazioni») a gettare quella che, per loro, era solo una maschera. La maschera di una falsa democrazia, che una volta caduta avrebbe rivelato il volto autentico dello stato: autoritario e fascista. Così le masse avrebbero finalmente «capito» e si sarebbero aggregate intorno alle avanguardie combattenti, le Br. Ebbene, siamo riusciti a non cadere nella trappola di ti- rare fuori, ammesso che davvero fosse nascosto da qualche parte, il volto spietatamente repressivo, senza se e senza ma, dello stato. Ciò ci ha aiutati a risolvere meglio le questioni poste dal terrorismo. Perché la rispo- sta a tali problemi dal punto di vista legislativo ha ra- schiato - lo ha detto più volte la Corte costituzionale - il fondo del barile della corrispondenza ai principi e pre- cetti costituzionali, ma non è mai andata oltre. Perciò i principi fondamentali dello stato di diritto non sono mai stati abbandonati nel nostro paese, a differenza di quanto è accaduto - obiettivamente - in altri paesi. Abbiamo elaborato una legislazione «specialistica», cioè mirata sulla realtà specifica dei fenomeni da affrontare, ma abbiamo respinto ogni «filosofia» che entrasse in rotta di collisione con i principi democratici. Specialistica ma non «speciale». Non abbiamo creato, in particolare, # A sinistra : Belfast, un murale dedicato a Bobby Sands, famoso attivista nordirlandese morto nel 1981 nel carcere di Maze (Long Kesh), dove Londra era solita imprigionare senza processo. © Piergiorgio Pescali
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