Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

52 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 sione della natura in denaro e dei beni comuni in merci. Così i meravigliosi cicli naturali di rinnova- mento dell’acqua e delle sostanze nutritive sono de- finiti non produzione. I contadini del mondo, che forniscono il 72 per cento del cibo, non producono; le donne che allevano i figli e compiono la maggior parte dei lavori di casa non rientrano nel para- digma della crescita neppure loro. Una foresta vi- vente non contribuisce alla crescita, ma quando gli alberi sono abbattuti e venduti come legname, al- lora abbiamo crescita. Le società e le comunità sane non contribuiscono alla crescita, ma la malat- tia crea crescita attraverso, ad esempio, la vendita di medicinali brevettati. L’acqua disponibile come bene comune condivisa liberamente e protetta da tutti provvede a tutti. Tuttavia non crea crescita. Ma quando la Coca Cola crea un impianto, estrae l’acqua e riempie di essa bottiglie di plastica, l’eco- nomia cresce». Azzardo morale e irresponsabilità In Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi Luciano Gallino (noto sociologo torinese scomparso a novembre, ndr ) compie un viaggio dentro «i deliri cinici, e a volte addirittura clinici, del mercatismo. Un viaggio che parte da un trionfo egemonico: un si- stema economico basato sull’azzardo morale e sul- l’irresponsabilità del capitale, sul debito che genera debito e sul denaro che produce denaro. E che ci conduce a un capolinea drammatico: la completa svalorizzazione del lavoro, la devastazione delle ri- sorse industriali e naturali, la desolazione di una massa di donne e di uomini che ormai non sono più “ceto medio”, ma “classe povera”» (Massimo Gian- nini, la Repubblica , 8 marzo 2011). In esso Gallino ricostruisce tutto il processo che ha cambiato i connotati di quel sistema che noi chiama- vamo «capitalismo» e che tuttora, ingenuamente, continuiamo a chiamare con lo stesso termine. Scrive ancora Giannini: «Gallino lo ricostruisce [il capitalismo, ndr ] a partire dal concetto, teorizzato da Lewis Mumford, delle “mega-macchine sociali”: quelle grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come “componenti o servo- unità”. Kombinat di potere politico, economico e culturale che hanno generato “mostri” nell’arco dei millenni: dalle piramidi egiziane costruite col san- gue degli schiavi all’Impero Romano, dalla fabbrica di sterminio del Terzo Reich nazista all’universo concentrazionario del comunismo sovietico. Ora siamo alla fase più “evoluta”: il “finanzcapitalismo”, “mega-macchina” sviluppata allo scopo di massi- mizzare e accumulare, sotto forma di capitale e po- tere, “il valore estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi”. E questa “estrazione di valore” è diventata il mec- canismo totalizzante e totalitario che ormai ab- braccia “ogni momento e ogni aspetto dell’esi- stenza”. Dalla nascita alla morte: come il vecchio welfare, arrugginito e inservibile secondo la vulgata occidentale dominante, abbracciava un tempo l’in- dividuo “dalla culla alla bara”. Il salto di qualità è nel passaggio cruciale dalla “produzione” alla “estrazione” del valore. Si “produce” valore quando si costruisce una casa o una scuola; si “estrae” va- lore quando si impone un aumento dei prezzi delle case manipolando i tassi di interesse. Si “produce” valore quando si crea un posto di lavoro stabile e ben retribuito; si “estrae” valore quando si assol- dano Co .co.pro. mal pagati o si aumentano i ritmi di lavoro a parità di salario». C i sono manager che incassano in un giorno quanto un loro dipendente guadagna in un anno. Prendiamo il 2012, ovvero un anno di piena crisi eco- nomica. Il record è toccato a Giovanni Perissinotto che, grazie a una sostanziosa buonuscita, ha incas- sato da Generali quasi 11,6 milioni, 458 volte lo sti- pendio annuo di un impiegato nel settore assicura- tivo (circa 25.300 euro). Al secondo posto c’è Sergio Marchionne: il Ceo di Fiat Chrysler ha incassato 7,38 milioni, esclusi i bonus e le azioni. Un metalmecca- nico (anche se Fiat non riconosce il contratto collet- tivo) guadagna circa 15.600 euro l’anno, 473 volte meno del manager italo-canadese. Sul terzo gradino del podio Luca Cordero di Montezemolo, con 5,5 mi- lioni (354 volte un operaio Ferrari). Scorrendo la clas- sifica, troviamo ancora Generali. Nel 2012 Sergio Bal- binot ha guadagnato 4,26 milioni (168 volte la paga di un dipendente). Enrico Cucchiani, Ad di Intesa, 3 milioni (75 volte i 40 mila euro lordi portati a casa da uno sportellista). E nel settore bancario, Cucchiani non è un eccezione: secondo la Uilca, negli istituti italiani lo stipendio medio di un amministratore de- legato è stato 53 volte quello di un lavoratore del settore. Un dato che fa arrossire, ma che segna un calo rispetto al 2011, quando i compensi dei mana- ger erano 80 volte superiori. L’Ocse evidenzia come la disuguaglianza di reddito da lavoro sia aumentata (+0,65%) tra il 2007 e il 2011 principalmente a causa dei contratti atipici che non ha pari nell’area Ocse, con retribuzioni inferiori rispetto ai contratti tradizionali. In Italia il 40% degli occupati nel 2013 lavorava con contratti atipici con- tro il 33% medio Ocse. (Al.An.) 473 stipendi © Images Money 2011

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