Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016
• F RANCESCO G ESUALDI - Allievo di don Milani, è fondatore e coordinatore del «Centro nuovo modello di sviluppo» (www.cnms.it ) di Vecchiano (Pisa). L E SUE PUBBLICAZIONI PIÙ RECENTI : • Sobrietà , Feltrinelli 2005; • Il mercante d’acqua , Feltrinelli 2007; • Guida al consumo critico , Emi 2012; • Le catene del debito , Feltrinelli 2013; • Risorsa umana , San Paolo 2015. culazione internazionale. Sono sempre più sofi- sticati, sempre difesi dalle varie legislazioni e sempre offerti dal mercato. «La speculazione è un gioco per arricchirsi agendo sulle variazioni di prezzo. Ma, a seconda del bene in questione, può avere profonde ripercus- sioni sociali: la speculazione sui titoli del debito pubblico può mettere in difficoltà intere nazioni; quella sulle derrate alimentari può danneggiare produttori e consumatori; la speculazione sui titoli usati dalle banche come forma di investimento può fare crollare il sistema bancario con effetti incalco- labili per l’intero sistema economico. Per il bene di tutti la speculazione può e deve essere regolamen- tata, se necessario proibita. Ma i politici da soli non lo faranno mai. Serve l’intervento di noi cittadini, l’unica forza che può neutralizzare la pressione della finanza». I profitti, e soprattutto i profitti delle specula- zioni, vengono occultati attraverso la più effi- cace invenzione del capitalismo finanziario: i paradisi fiscali. Ci sono dati e inchieste che certi- ficano i danni da essi prodotti. Eppure, ancora una volta, i cittadini sono impotenti. «Si stima che i capitali occultati nei paradisi fi- scali ammontino a 20-30 mila miliardi di dollari con perdite da capogiro per le casse statali di tutto il mondo. I paradisi fiscali esistono perché servono al grande capitale. Se le grandi nazioni volessero, potrebbero eliminarli. Basterebbe un embargo commerciale, lo stesso che gli Usa hanno tenuto contro Cuba per 50 anni a causa della sua politica anticapitalista. Ma non si fa, perché il padrone non vuole. È la solita presa in giro del popolo, sovrano di nome, schiavo di fatto. Ma prima o poi si sve- glierà». Migrazioni: risate e profumo d’arrosto In questi mesi di drammatici esodi di popola- zioni verso il continente europeo, abbiamo visto prima prevalere il cinismo e il razzismo, poi l’ac- coglienza obtorto collo . Ad esclusione però dei migranti economici … «Arrabbiarsi con i migranti economici è come ar- rabbiarsi con una casa che crolla perché è stata scalzata. Chi si diverte a scavare fori nello scafo di una barca, poi non deve meravigliarsi se la barca si inonda d’acqua. L’immigrazione è il prodotto di cin- que secoli di saccheggio economico del Sud del mondo e di un secolo di invasione pubblicitaria e televisiva che ha esportato in tutto il mondo l’idea di un’Europa capitalista dal facile guadagno e di una vita da nababbi per tutti. Chi, vivendo di stenti, non vorrebbe entrare nel castello da cui proven- gono profumo di arrosto e l’eco delle grandi risate dei commensali? Oltre certi numeri l’immigrazione è un problema, ma per arrestarla non servono muri e cavalli di frisia, peggio ancora cannoni. Serve giu- stizia: la capacità di restituire il mal tolto, di cam- biare le regole economiche, finanziarie e commer- ciali che continuano ad arricchire pochi e impove- rire molti, di arrestare il degrado ambientale che fa avanzare deserti e inondare le coste, di riconoscere il fallimento di un sistema economico che ha fatto passare per benessere ciò che in realtà è solo bena- vere». I ragazzi e le responsabilità dei «vecchi» Benvivere, senso dei limiti, economia della qua- lità invece che economia dei volumi. Tanti propo- siti giusti e condivisibili, ma probabilmente uto- pistici. Per esempio, se guardiamo i ragazzi, è evi- dente che per lamaggior parte sono grandi con- sumatori (di smartphone, di prodotti elettronici, di scarpe da ginnastica firmate, eccetera). Se un cambiamento tanto radicale deve partire da loro, nonmi pare che ci siamolta speranza. «Il cambiamento deve partire da tutti, prima di tutto dai vecchi che rappresentano un modello cul- turale. Del resto sono i vecchi che portano la respon- sabilità del degrado sociale e ambientale in cui ci troviamo. I giovani continuano nel solco di ciò che hanno ricevuto. E se hanno ricevuto solo cultura materialista, individualista, competitiva, poi non c’è da stupirsi se continuano a progettare in questa di- rezione. Noi vecchi abbiamo fatto i danni e noi vec- chi dobbiamo rimediare. Ammettendo pubblica- mente che abbiamo sbagliato, ma che un altro mondo è possibile. Talmente possibile che comin- ciamo a costruirlo in ogni circostanza possibile. Vi- vendo la coerenza a livello personale, familiare, di piccolo gruppo, e vivendo l’impegno politico ispirato a equità e partecipazione a cominciare dall’ambito comunale. Sapendo che alla fine l’umanità ce la farà. È solo questione di tempo, durante il quale a noi non spetta che un compito: portare il nostro carico d’ac- qua ciascuno secondo le proprie possibilità». Paolo Moiola DOSSIER MC RICCHEZZA E POVERTÀ
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