Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

GENNAIO-FEBBRAIO 2016 MC 33 FINANZA E SPECULAZIONE: UN’ANALISI PROFITTOSUBITO, PROFITTO TANTO Siamo al paradosso: hanno ribaltato cause e conseguenze della crisi. Questa sarebbe responsa- bilità della spesa pubblica e dello stato spendaccione. In realtà è la finanza privata che ha pro- dotto la recessione e la crisi. Impunita, oggi essa ha ricominciato a fare danni su scala mondiale. DI A NDREA B ARANES L a finanza dovrebbe essere uno strumento per fare incontrare chi ha un risparmio con chi ha bisogno di un prestito. Nei termini più semplici, una sorta di «mercato dei soldi». Se voglio comprare delle mele vado al mercato, luogo di incontro tra il contadino (l’offerta) e i clienti (la domanda). In maniera analoga, le banche sono nate per raccogliere il risparmio di cittadini e famiglie al fine di prestarlo ad altri. Il paragone con un mercato diventa ancora più calzante riguardo le borse valori, non a caso spesso indicate come mer- cati finanziari. La loro funzione originaria era quella di far incontrare stati e imprese che necessi- tavano di capitali con i risparmiatori che avevano soldi da investire. Oggi la finanza ha, in massima parte, perso questo suo ruolo di strumento sociale trasformandosi in un fine in sé stessa: fare «soldi dai soldi» e nel più breve tempo possibile. Una sterminata quantità di denaro insegue ogni giorno profitti a breve termine, mentre mancano ri- sorse per il sistema produttivo, i servizi pubblici, i beni comuni. Negli Usa il 70% delle operazioni sui mercati finanziari è eseguito da computer, senza nessun intervento umano. In Europa tali operazioni sarebbero «solo» il 40% del totale. È il cosiddetto high frequency trading o commercio ad alta fre- quenza, in cui le transazioni sono realizzate nel- l’arco di pochi millesimi di secondo per guadagnare su minuscole oscillazioni dei prezzi. Il dominio della speculazione Una massa incalcolabile di capitali speculativi ge- nera instabilità e crisi e nel contempo viene sot- tratta all’economia reale. Non solo si muove ben ol- tre i confini della legalità, non solo crea disastri, ma al culmine del paradosso questo sistema finanzia- rio non riesce nemmeno a fare quello che dovrebbe fare: domanda e offerta di denaro non si incon- trano. Da un lato posso scommettere persino sul prezzo del cibo e delle materie prime; dall’altro cen- tinaia di milioni di persone, in particolare nelle aree rurali, sono escluse dall’accesso al credito. Di fatto oggi la finanza è il più inammissibile e macrosco- pico fallimento di mercato. Peggio ancora, l’instabilità e la volatilità non sono degli spiacevoli effetti collaterali non prevedibili, ma la base stessa del gioco. Se compro un titolo per 100 euro allo scopo di rivenderlo a 101, ho realizzato una speculazione, ma il margine di profitto è bas- sissimo. Se invece il titolo è in preda a forti oscilla- zioni e i prezzi sono instabili, posso realizzare mag- giori profitti. In una spirale perversa la stessa spe- culazione è oggi in grado di generare le oscillazioni su cui poi andrà a guadagnare: più scommesse gi- rano su un dato titolo, più i prezzi rischiano di im- pazzire e più crescono le possibilità di profitti a breve termine, attirando nuovi squali. Dalle mate- rie prime ai titoli di stato, tutto passa oggi dal trita- carne della speculazione. È questa la manifesta- zione più evidente della cosiddetta finanziarizza- zione di ogni attività umana: il bisogno di alimen- tare una continua estrazione di ricchezza per te- nere in piedi un sistema instabile e letteralmente insostenibile. Per conseguire questo obiettivo, la finanza deve piegare l’intera società e le decisioni politiche ai propri desiderata, come infatti è avvenuto negli ul- timi anni. Siamo arrivati a ribaltare cause e conse- guenze della crisi: passa l’idea che la finanza pub- blica sia il problema, quella privata la soluzione. La DOSSIER MC RICCHEZZA E POVERTÀ

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