Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

AFRICA La storia dei droni come mezzi di guerra Da spia ad arma letale I droni sono stati utilizzati per anni per assumere informazioni sui diversi teatri di guerra. In tempi recenti i velivoli «armati» sono diventati segugi per dare la caccia ai terroristi. In futuro, si prospet- tano guerre tecnologiche tra automi. I l drone non è un’arma nuova. Nonostante l’impiego di velivoli senza pilota si sia sviluppato soprattutto negli ultimi trent’anni, la storia di quelli che, in lin- guaggio tecnico, si chiamano «Aeromobili a pilotaggio remoto» è antica come l’aeronautica. «Già nella Prima guerra mondiale - spiega Federico Petroni, co-autore insieme a Giovanni Collot, Nicolas Lozito e Patricia Ventimiglia, di La guerra dei droni (e-book, iMerica, 2014) - gli statunitensi avevano progettato il Kettering Bug, una bomba volante senza pilota. Era una sorta di antenato del missile da crociera. Da qui il percorso si è quasi esclusivamente sviluppato in ambito militare, sia a scopi di spionaggio sia di bombardamento. Progressi in questo senso sono stati fatti durante la Seconda guerra mondiale e durante quella del Vietnam. Ma il momento in cui il drone è diventato un’arma potente ed efficace è stato nella guerra arabo-israeliana nel 1982. Sono gli israeliani a utilizzare in modo massiccio i droni per assumere informazioni sul campo di batta- glia. Un uso che incuriosisce gli Stati Uniti che ne com- prendono le potenzialità e avviano una loro produ- zione». A partire dagli anni Ottanta, la General Ato- mics di San Diego (California) costruisce i primi droni «made in Usa». Il responsabile del progetto è, però, sempre un israeliano. Si tratta di Abraham Karem un generale dell’aviazione di Tel Aviv che, lasciato il suo paese e trasferitosi negli Usa, porta la sua esperienza al servizio delle forze armate e dell’industria statuni- tense. O ggi, a livello militare il drone viene utilizzato in due modi. «Le forze armate li impiegano soprat- tutto a scopo conoscitivo - puntualizza Petroni -. Cosa significa? È presto detto: per condurre le opera- zioni sul campo di battaglia, i militari hanno bisogno di una mole massiccia di informazioni (posizione del ne- mico, armamenti, spostamenti, ecc.) che, in passato, non sempre i comandanti avevano a disposizione. I droni tendono a colmare questo gap di conoscenza per- ché offrono la possibilità di avere un occhio al di là delle linee nemiche. Attualmente direi che i velivoli senza pi- lota hanno un potenziale visivo, più che armato». Nonostante questo, i droni iniziano a essere impie- gati anche come surrogato delle forze di terra per dare la caccia ed eliminare i terroristi. Questo tipo di impiego ha permesso di togliere truppe di terra da zone pericolose. Un’opzione molto apprezzata da politici e militari perché non si mettono a rischio vite umane. Armare i droni però non è semplice. Non solo servono software ad hoc, ma anche arma- menti particolari. I missili che vengono caricati sui jet tradizionali sono infatti troppo pesanti e troppo potenti per i droni. Così si è dovuto ricorrere a un escamotage. «I Predator e i Reaper, i velivoli militari senza pilota più diffusi - osserva Petroni -, sono molto leggeri e quindi non possono portare missili troppo potenti perché spezzerebbero loro le ali o de- vierebbero la macchina dalla rotta. Si è quindi scelto di caricarli con gli Agm 114 Hellfire. Sono missili an- ticarro aria-terra studiati per l’elicottero Apache. Sono leggeri, ma letali. Va detto, però, che sono già in fase di studio armi appositamente concepite per i droni che dovrebbero diventare operative a breve». A ttualmente si parla soprattutto dei droni come sostituti dei velivoli. In realtà, in un futuro non lontano, oltre agli aeromobili a pilotaggio re- moto, le forze armate potrebbero far entrare in servi- zio altre armi robotiche: mezzi corazzati, navi, veicoli armati. Queste truppe robotiche potrebbero combat- tere a fianco degli uomini o potrebbero addirittura so- stituirli completamente in duelli che si combattereb- bero solo fra robot. «Uno dei programmi più discussi della Us Navy - conclude Petroni - si chiama Uclass e prevede lo sviluppo di un drone armato da combatti- mento che dovrebbe sostituire completamente i bom- bardieri e i caccia con pilota. Ciò cambierebbe anche la strategia di impiego perché si passerebbe da un uso asimmetrico del drone a uno più simmetrico. Se finora cioè lo si è utilizzato per colpire una persona ignara di ciò che gli sarebbe capitato, in futuro ci saranno invece scontri tra tecnologie simili. Questo obiettivo è però ancora abbastanza lontano e, secondo me, non si arri- verà a battaglie tra droni prima degli anni Trenta di questo decennio». Enrico Casale

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