Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

GENNAIO-FEBBRAIO 2016 MC 15 MC ARTICOLI Niente più come prima «C’è una frase su tutte le labbra: “Nulla sarà più come prima”». Ri- corda Antoine Sawadogo. «Sono d’accordo con questo, ma può es- sere in meglio o in peggio. Ab- biamo appena evitato il peggio con il colpo di stato del 16 set- tembre. Se il presidente che è stato eletto non terrà conto di tutto quello che è successo, il paese sarà ingovernabile, perché la gente è abituata a sollevarsi spontaneamente, appena c’è una indelicatezza commessa da un’autorità. Io penso che il nuovo regime deve dotarsi di una dimensione democratica, giocare il gioco della democrazia, dello stato di diritto. Quando la gente si renderà conto che il figlio del povero ha gli stessi diritti di quello del ricco, quando gli operatori economici vedranno che gli appalti pubblici non vanno sempre agli stessi personaggi, o quando si vedrà che studiare in periferia nelle cittadine offre le stesse opportunità che studiare in Europa, la gente sarà un po’ più tollerante». Non sembra un’utopia? «Tutto questo non è irreale, perché i burkinabè sanno fare la diffe- renza tra quello che lo stato può fare o no. Il problema in Burkina è l’esclusione massiccia di gran parte della popolazione. Politica- mente è necessario trasformare il cittadino insorto in cittadino atto a fare il controllo di cittadinanza, a chiedere conto a chi governa, e organizzarsi per fare una censura quando gli eletti stanno deviando e o esagerando, poter dire “fer- matevi”. L’insurrezione non può andare al di là dell’espressione cittadina, ovvero saccheggiare, bruciare l’asfalto, distruggere pa- lazzi istituzionali. Penso che il nuovo regime debba negoziare un periodo di transi- zione, di grazia, per fare le riforme essenziali, per arrivare a uno stato di diritto: giustizia, edu- cazione, sanità, esercito». L’avanguardia «I responsabili dei partiti politici sono burkinabè, capiscono i pro- blemi della gente. Hanno visto come Blaise è scappato. Penso che abbiano imparato la lezione», ci dice Germain Nama. «Nono- stante questo, noi non possiamo incrociare le braccia, bisognerà organizzarsi, come contropotere, per pesare nella bilancia e otte- nere i cambiamenti qualitativi ne- cessari. La società civile deve re- stare vigilante, le organizzazioni del popolo, i partiti politici di op- posizione, devono avere un ruolo di risveglio di coscienze». Per questo i media sono partico- larmente importanti: «I media burkinabè sono molto critici. Ci differenziamo dai media africani in generale. Come in Costa d’Avo- rio, Mali, dove c’è molta corru- zione nei media. Un po’ anche in Burkina, ma ci sono dei limiti che non sono stati superati. In mag- gioranza la stampa burkinabè re- sta una stampa di qualità, impe- gnata, cosciente, responsabile, ed è questo che ha contribuito a un livello elevato al cambiamento politico che abbiamo avuto. L’in- surrezione di ottobre è stata pre- ceduta da un’insurrezione media- tica. Non abbiamo mai fatto re- gali a Compaoré. Siamo l’avan- guardia della lotta per un cambia- mento qualitativo in Burkina. La stampa ha giocato il suo ruolo e continua a farlo». Marco Bello # A sinistra : giovane mamma lavora in un campo di riso. # Sopra : militari dell’esercito asse- diano il campo della guardia presi- denziale (Rsp) il 30 settembre 2015. # Sotto : ragazza musulmana con ti- pico velo. © Marco Bello © AFP / Sia Kambou

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