Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2016

BURKINA FASO 12 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2016 Il ruolo della Chiesa cattolica nel cambiamento Denunciare l’ingiustizia I vescovi del Burkina Faso hanno avuto coraggio. Con le loro lettere pastorali hanno denunciato le derive del regime Compaoré. Avendo un impatto sulle coscienze dei fedeli e sulla loro mobilitazione a livello personale. Un coraggio riconosciuto oggi da tutta la popolazione, al di là delle confessioni. Incontro con l’abbé Pascal Kolesnore. L’ abbé Pascal Kolesnore è formatore al gran semi- nario dei Santi Pietro e Paolo a Kossoguin alle porte di Ouagadougou. Qual è stato il ruolo della Chiesa cattolica nel cam- biamento politico in Burkina? «È stato un ruolo determinante. Non è solo la chiesa, è stata una sinergia di forze che ha contribuito al cambia- mento: la società civile, i sindacati e la chiesa cattolica. La stampa, sindacati e società civile avevano già formato l’o- pinione pubblica contro il cambiamento della costitu- zione che limitava i mandati a due. La proposta di modi- fica di Blaise Compaoré voleva togliere questo limite. I vescovi del Burkina nel febbraio 2010, avevano pubbli- cato un messaggio intitolato “All’ascolto di Dio e del Mondo”. Si pronunciavano chiaramente contro la modi- fica dell’art. 37 chiedendosi: chi beneficia di questa mo- difica? È per il bene comune? In ottobre 2010 in un altro messaggio in occasione dei 50 anni di indipendenza del paese, si sono ancora pronunciati chiaramente. Occorre preparare una nuova generazione per l’alternanza. L’av- venire del Burkina dipende dalla capacità di formare un gruppo in grado di prendere il ricambio. Un terzo messaggio è del 15 luglio 2013: in esso si oppone- vano alla creazione del Senato, che non aveva alcuna uti- lità, se non quella di far passare la modifica dell’art 37. Sono stati messaggi forti che hanno influenzato l’opi- nione pubblica. Dopo di essi, nelle manifestazioni au- mentavano sempre più le persone. Un secondo effetto è stato che i fedeli dell’islam e della chiesa protestante hanno cominciato a pubblicare delle lettere aperte rivolte ai loro responsabili, chiedendo loro di prendere posizione nel dibattito nazionale». Non vi si accusa di immischiarvi nella politica? «Sì. La chiesa cattolica ha la funzione profetica che l’autorizza, le da diritto e le impone il dovere di dire quello che va e quello che non va. Per questo i ve- scovi si sono fatti coraggio. La chiesa non fa poli- tica e non è partigiana, ma ci sono dei principi scritti nella dottrina sociale della chiesa ed è ri- spetto a essi che parla e giudica l’azione politica, pro o contro. I messaggi dei vescovi sono rilanciati dalle parrocchie, riletti dopo le messe e tradotti in lingue locali. Sono in- dicazioni, ma l’impegno è perso- nale». Dopo il tentato colpo di stato, la Chiesa è stata chia- mata nella mediazione. «Con questa presa di posizione forte di cui abbiamo parlato, la gerarchia ecclesiastica ha recuperato molto credito, non solo presso i cristiani, ma anche con tutte le persone di buona volontà. Si è mostrata come un’isti- tuzione affidabile. Quando c’è stata l’insurrezione del 30 e 31 ottobre 2014, davanti al vuoto di potere per la fuga di Blaise Compaoré, si cercava qualcuno in grado di ge- stire il paese. Subito è stato un militare a prendere il po- tere. Ma di fronte alle pressioni internazionali, che non volevano, i partiti si sono rivolti alla seconda istituzione forte, che è la Chiesa. Hanno chiesto un vescovo, hanno citato dei nomi come quello di monsignor Paul Oue- draogo, e per qualche giorno si è creduto che la chiesa avrebbe potuto salvare questo paese. Quando ci sono dei problemi ci si rivolge a persone credibili, che sono in grado di salvare situazioni che sono tese. Per questo dopo il colpo di stato i mediatori si sono rivolti alla chiesa e al capo tradizionale dei mossì, per cercare di ri- solvere la crisi». In Africa dell’Ovest agiscono diversi gruppi integra- listi islamici. In alcuni paesi si osserva una radicaliz- zazione dell’islam. Siete preoccupati? Nei paesi che ci circondano la situazione non è buona e ci fa paura. I rapporti tra religioni in Mali e Niger sono tesi e temiamo che influenzino i musulmani del Burkina. All’interno del paese non sen- tiamo ancora questa radicalizzazione. A volte ci sono velleità, ma sono soffocate e non hanno forza. Dobbiamo essere prudenti e vigilanti affinché quello che succede ai nostri vicini non av- venga qui da noi. Occorre mettere l’accento sul dialogo interreligioso e lo stato deve stare attento a non creare differenze tra le religioni. Un’altra questione è la sicurezza: il Burkina ha pure subito due attac- chi a posti di gendarmeria di frontiera e nei pressi del Mali e si sospetta che siano gli islamisti». Marco Bello © Marco Bello

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