Missioni Consolata - Dicembre 2015
FRANCESCO E IL GRANDE VECCHIO Persone che conosco Personaggi e luoghi con gli occhi di Gianni Minà nava un Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia, o una sanità d’avanguardia, o dove c’era una Scuola di ci- nema ( Escuela Internacional de Cine y Tv ) fondata da un premio Nobel come Gabriel García Márquez (Nobel per la letteratura nel 1982, ndr ), o dove crescevano atleti capaci di vincere le Olimpiadi (sempre che prima, come è suc- cesso spesso, non fossero stati portati via dai dollari dei paesi ricchi), o dove si era attrezzati, meglio delle altre na- zioni povere, perfino nel neutralizzare gli uragani. Tutto era avvenuto in un battito di ciglia perché, fino al giorno prima dell’annuncio di Obama, i nostri media erano impegnati solo nel dimostrare il fallimento della Revolu- ción che, per altro, da tempo influenzava gli altri paesi del- l’America Latina e costituiva un ostacolo all’affermazione del neoliberismo. Credo, però, che tutto ciò, in quel momento, interessasse poco a papa Francesco e Fidel, più che mai convinti che le guerre e le prepotenze di chi è più ricco siano tristi reperti di una visione del mondo obsoleta, offensiva, giustificata da niente salvo che dall’avidità. Due uomini dalla diversa provenienza, ma approdati agli stessi principi. A ll’indomani di quel tenero quadretto, avrei incon- trato Fidel Castro per un’intervista sull’America La- tina che cambia. Un documentario che riguarda pro- prio le speranze di un continente, così caro ai due protago- nisti dell’incontro, che voglio presentare al Festival di Ber- lino (a febbraio 2016, ndr ). Per papa Bergoglio, Castro ha avuto parole di rispetto e anche di ammirazione: «Il modo di essere del papa non mi stupisce per niente, perché es- senzialmente si tratta di una persona molto onesta, molto sincera e disinteressata». Se c’è una regola che il mestiere di giornalista mi ha inse- gnato, è di non avere idee precostituite quando si va ad af- frontare un’intervista specie a quelli che, come Fidel Ca- stro e papa Francesco, hanno fatto e stanno facendo la storia. Gianni Minà © Alex Castro / www cubadebate cu / AFP M i ha molto colpito la tenerezza con cui papa Francesco, un giorno in Tv, durante la sua visita a Cuba, annuiva e ascoltava il racconto che gli faceva Fidel Castro, sempre prodigo di vita vis- suta. Papa Francesco era andato a trovarlo a casa (il 20 settem- bre, ndr ), per rispetto dell’età (89 anni), ma anche di quello che, nella storia dell’America Latina, ha rappresen- tato questo leader, orgoglioso e colto, a cui spesso i po- poli del continente si sono rifatti. Il pontefice venuto dal Sud, che la tragedia dell’America Latina, e in particolare dell’Argentina, l’ha vissuta negli anni delle migliaia di desaparecidos che la crudeltà dei mi- litari di quel paese ha fatto diventare, dopo torture indici- bili, persone mai nate, annuiva dolorosamente. Una per- sonalità controversa e discussa quella di Castro, ma che comunque a quell’orrore del mondo capitalista si è ne- gato senza possibilità di dubbio. E non solo perché è crol- lato il comunismo ed è fallito il capitalismo, ma perché quell’isola in mezzo ai Caraibi è ancora lì a influenzare il ri- scatto di un continente che non si arrende. C’ era la moglie di Fidel, Dalia (la signora Dalia Soto del Valle è sposata con Castro dal 1980, ndr ), se- duta fra i due grandi vecchi e, di fronte a quell’at- mosfera cordiale, non potevi fare a meno di ricordare che, fino a poco tempo prima, l’immagine del paese della Rivo- luzione, proposta dall’informazione occidentale, era stata sempre e per ridicolo pregiudizio, negativa, salvo cam- biare, senza spiegazioni di sorta, quando, un anno fa, il presidente degli Stati Uniti Obama era stato costretto ad annunciare che quell’assedio politico e mediatico del- l’isola, durato, senza motivo, per cinquanta anni, era mi- seramente fallito e quindi finiva l’era dell’embargo più lungo della storia dell’uomo. I media occidentali, come al solito ubbidienti, si erano adeguati subito, tanto che ora Cuba poteva essere raccon- tata, da un giorno all’altro come il paese povero dove tuttavia funzio-
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