Missioni Consolata - Dicembre 2015
DICEMBRE 2015 amico 69 AMICO.RIVISTAMISSIONICONSOLATA.IT C ercare la pace significa avere il coraggio di cam- biare. Non c’è pace senza giustizia sociale. Abbiamo biso- gno di pace per i condannati a morte, per gli sfruttati sul posto di lavoro, per i disoccupati, per le vit- time delle mafie, per i giovani defrau- dati del futuro, per i naufraghi che an- cora lo cercano, il futuro. Nessuno manca nel cuore di DON L UIGI C IOTTI , fondatore del- l’associazione Libera, in prima linea nella lotta per la legalità. La speranza si chiama in- clusione: uguali come cittadini, diversi come persone. I principali artefici dei percorsi di pace non sono i leader che si riuniscono nei summit, ma proprio i poveri e gli esclusi, che ci provocano e ci indicano il futuro. I piccoli. E ciascuno di noi, nel suo piccolo, è portatore di pace con il coraggio delle scelte e la co- erenza dei comportamenti. I l male, purtroppo, esiste, e ha la capa- cità di riprodursi. Ma questa consapevolezza non deve impedire, come ri- corda P ASQUALE P ROFITI , sostituto pro- curatore del tribunale di Trento, di conside- rare la persona e le opportunità che la so- cietà le ha offerto in precedenza. Dobbiamo individuare quali siano oggi le di- vinità maligne a cui sacrifichiamo vite umane e cercare di opporci. «La guerra che si com- batte oggi è diversa dalle precedenti, perché non si combatte solo con le armi da fuoco, ma con le armi di un’economia piegata alla legge del profitto. Armi che tolgono la di- gnità alle persone, che rendono i vivi dei morti vivi» afferma con forza DON C IOTTI . «Non bisogna essere in tanti per resistere al male» scrive P AOLO G HEZZI , la Weisse Rose ne è una prova. La missione che ci viene affidata è quella di sviluppare «un esprit dur, un co- eur tendre» (uno spirito forte, un cuore te- nero), per dirla con le parole del filosofo Jac- ques Maritain. La realtà e i suoi problemi non ci devono essere alieni, estranei. Anzi. Dob- biamo sentirli nostri, prenderli a cuore. E fa- cendo ciò, mantenere un cuore puro e inte- gro. Annarita Leserri U na speranza c’è, e sta nell’unione. Basti pensare alla realtà dell’Unione europea, che - pur con tutti i suoi limiti - costituisce l’unico attore dotato di quella statalità perduta che caratterizzava gli stati moderni. Per di più, è portatrice di un modello di laicità, equità e integrazione delle minoranze sconosciuto ad altri attori dello scenario internazionale. In altri termini, è l’unico attore su cui si può rico- struire il mito positivo dell’Europa. Eppure, l’analisi acuta della giornalista e scrittrice G IUSEPPINA P ATERNITI evidenzia come l’Unione europea non abbia ancora elaborato risposte comuni, basate su valori fondanti condivisi, per fron- teggiare i cambiamenti del nostro tempo - come gli imponenti flussi migratori - di cui si percepisce il carattere eccezio- nale ed epocale. «Lo stato pacifico dell’Eu- ropa è un’ecce- zione». (L IA Q UARTAPELLE , depu- tata PD, commis- sione Affari esteri e comunitari) «Il male è esperienza sog- gettiva che si com- prende quando viene conosciuta». (V ITTORIO N ESSI , procura- tore aggiunto del tri- bunale di Torino) Bart/Flickr.com
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