Missioni Consolata - Dicembre 2015
DOSSIER MC 50° AD GENTES a un’unica meta: vivere il Regno, cioè la comunità fraterna in cui ci si trova tutti uniti, in un rapporto di intimità con l’unico Padre. La Chiesa è il segno del Regno, ma finché essa dà risalto soprattutto alla dottrina, alla gerarchia, alla verità e non al Vangelo, sarà semplicemente una religione come le altre, forse più strutturata e organizzata delle altre. «Tra voi non sarà così», di- ceva Gesù: egli chiedeva qualcosa di diverso da un corpo ben ordinato. Non esigeva l’assenza di pec- cato, la sua pratica era di vicinanza proprio con i peccatori, ma voleva che i suoi fossero totalmente estranei a ogni forma di potere, di apparenza o di divisione in classi: «Voi siete tutti fratelli». Ecco allora che la missione non porta la Chiesa ai popoli, ma avvia i popoli, con il colore vitale che ciascuno ha, verso una Chiesa che, superata la sua fisionomia religiosa, sia espressione del Regno, della famiglia di Dio: tutti figli, tutti fratelli. Jonathan Sacks, gran rabbino della Gran Breta- gna afferma: «La missione della religione è la spe- ranza», così come Pietro scriveva in una sua let- tera: «Siate sempre pronti a rispondere a chiun- que vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15). Lenire la sofferenza esistenziale degli esseri umani è sempre stato il grande af- fanno del Dio biblico, del Dio di Gesù e anche di quello di Muhammad, dei Veda e delle religioni at- tente alla realtà della persona umana. La missione è credere che la salvezza, la vita, la speranza sono aspirazione e diritto di tutti. La primavera di Francesco Un papa che viene dalla fine del mondo, dove la missione è la quotidianità, non poteva non met- tere nei credenti lo spirito dell’«Andate a tutte le genti». Parole come «periferie, poveri, cultura dello scarto, sporcarsi le mani, odorare di pe- core», sono entrate nel linguaggio ecclesiale. Certo, non è detto che siano diventate vita vissuta per i cristiani e neppure per i missionari: si ri- chiede una profonda conversione, bisogna uscire dalle fortezze (conventi, parrocchie, strutture), per vivere in mezzo alla gente, per partecipare alla sua storia che è sempre, già, una storia di sal- vezza, dove si mescolano speranze e delusioni, eroismo e peccato, e dove, in ogni caso, il protago- nista è lo Spirito, non l’individuo e neppure la chiesa, che non cerca la propria sopravvivenza, ma la capacità di servizio. A noi è affidato il compito di portare a matura- zione la presente primavera. La missione come speranza è compassione, non è indicare il cam- mino da compiere, ma camminare insieme. Gianfranco Testa Missionario della Consolata che ha operato in Argentina ai tempi della dittatura, poi in Italia, in Nicaragua e in Colom- bia; oggi è in Italia dove ha fondato l’Università del Perdono, per promuovere la prassi e la spiritualità del perdono soprat- tutto in realtà dilaniate dalla guerra o da tradizioni che esal- tano la vendetta e la violenza. Sul Concilio Vaticano II vedi il dossier «La Chiesa si scoprì tutta missionaria» (MC 10/2012) pubblicato in occasione del 50° dell’inizio dello stesso. DICEMBRE 2015 MC 49 © Dufoto 1965 Alla messa di chiusura del Concilio, l’8 dicembre 1965 in piazza san Pietro, papa Paolo VI ha distribuito la comu- nione a sei ragazzi: un senegalese (primo a sinistra), uno spagnolo, un venezuelano, uno statunitense, un austra- liano e un indiano. Pagina seguente : rappresentanti ecumenici al Concilio.
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