Missioni Consolata - Dicembre 2015

42 MC DICEMBRE 2015 pato giovane. Essendo pastori di comunità cri- stiane da poco fondate, il loro ministero si concen- trava quasi esclusivamente nel lavoro di fondazione delle strutture indispensabili per la loro crescita e il loro consolidamento. Oltre tutto erano uomini pra- tici, conoscitori degli usi e costumi dei popoli dei quali erano pastori e animati da grande zelo pasto- rale. Grande parte di quei vescovi erano coscienti di avere compiuto la loro missione e quindi disposti a rinunciare in favore di vescovi locali, sostenuti in questo anche dagli Istituti missionari. Vaticano ii: Episcopato africano, una minoranza attiVa chE fa udirE la sua VocE TRAPASSATO E FUTURO DI D IAMANTINO G UAPO A NTUNES Quando l’11 ottobre del 1962 si aprirono le porte del concilio, l’episcopato africano era pre- sente con 295 prelati. nel 1965, alla conclusione del concilio, il loro numero era aumentato fino a 311. per comprendere l’azione e il contributo dei vescovi d’africa al concilio è necessario co- noscere chi essi erano e quali le loro principali esigenze. l’episcopato in africa era in un periodo di transizione: i vescovi missionari, dopo avere «impiantato» la chiesa, si preparavano a cedere la loro responsabilità a quelli locali. Questi erano chiamati a continuare l’opera missionaria e a consolidare la chiesa. una transizione che si realizzò senza rottura con il passato, ma ereditan- dolo e migliorandolo. I vescovi «africani» che parteciparono al Conci- lio erano, in grande parte, di origine europea quasi tutti provenienti dalle nazioni che ave- vano colonizzato il continente: Francia, Belgio Inghilterra, Portogallo, o di nazioni con forte dina- mismo missionario come Irlanda, Italia, Olanda. Fatte poche eccezioni, quasi tutti erano membri di Istituti religiosi. La maggior parte era arrivata in Africa ancora giovane, essendo stati alcuni di loro i pionieri dell’evangelizzazione nei territori affidati alla loro responsabilità pastorale. Era un episco- © Agenzia Fides 1962

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