Missioni Consolata - Novembre 2015
42 MC NOVEMBRE 2015 D a quando sono un magistrato in pensione, presiedo il comitato scientifico dell’Osser- vatorio di Coldiretti sulla criminalità nell’a- groalimentare. L’obiettivo è consolidare la cultura della legalità anche in questo settore. La le- galità come precondizione per un cibo (oltre che buono) sano e giusto. Un cibo cioè che soddisfi le esigenze di tutela della salute del consumatore e, nel contempo, quelle di un regolare funzionamento dell’economia, senza penalizzazioni per gli impren- ditori «virtuosi». L’agroalimentare è un settore che, nonostante la crisi economica, rende. È un comparto «freddo», nel senso che comunque mangiare si deve. Ha di- mostrato di poter non solo resistere, ma anche cre- scere e rafforzarsi, pure in un quadro congiuntu- rale complessivamente difficile. E poi «tira» in modo forte perché il made in Italy ha un appeal straordinario: è il nostro miglior ambasciatore all’estero. L’interfaccia di tutto questo, però, sono i rischi evi- denti che corre il settore, posto che non rispet- tando le regole si può guadagnare ancora di più - spesso molto di più - di quanto un mercato già ricco consenta di suo. Così si offrono spazi imponenti a varie forme di opacità, irregolarità e illegalità. Alte- razioni, sofisticazioni e contraffazioni affollano l’a- groalimentare. E poiché la filosofia che ispira le mafie imprenditrici risponde alla massima «piatto ricco mi ci ficco», ecco la presenza delle mafie an- che in questo comparto. La mafia «liquida»: dal produttore al consumatore Ogni anno - in collaborazione con Eurispes - l’Os- servatorio di Coldiretti redige un «Rapporto sulle Agromafie». Nell’ultimo Rapporto - relativo al- l’anno 2014 - si rileva come sempre più spesso la mafia operi in forme «raffinate», attraverso la fi- nanza, gli incroci e gli interessi societari, il condi- zionamento del mercato, l’imposizione di modelli di consumo, l’orientamento della ricerca scientifica. E come la mafia sia «liquida» anche nell’agroalimen- tare, per cui la si trova in ogni segmento della fi- liera: dalla produzione alla distribuzione fino alla ri- storazione. Non ci sono zone franche rispetto alla presenza mafiosa, che pertanto realizza in pieno lo slogan «dal produttore al consumatore» o «dall’orto alla tavola». La mafia è tra i principali fattori che hanno determinato - dall’inizio della crisi economica - un aumento di tre volte delle frodi a tavola. E atten- zione: gli inganni e le truffe registrati nell’agroali- mentare finiscono per colpire, in modo particolare, i cittadini meno abbienti e/o poveri, quelli che hanno meno da spendere e devono per forza accon- tentarsi. Il prezzo imposto dalle agromafie lo paghiamo tutti quanti noi, cittadini e consumatori, perché, oltre a dover vivere in un ambiente pervaso di corruzione e intimidazione, rischiamo in termini di sicurezza alimentare e salute, mentre la regolarità dei mer- cati è stravolta. Ancora una volta legalità è sino- nimo di qualità della vita. Pomodori «made in China» Secondo il Rapporto di Eurispes, il giro d’affari complessivo delle agromafie è salito a 15,4 miliardi di euro. Anche per effetto delle restrizioni del cre- dito che hanno messo in difficoltà varie aziende. «Concime» per il potere mafioso sono poi alcuni fe- nomeni come l’ italian sounding e l’ italian launde- ring , a cui va aggiunto il money dirtying . L’ italian sounding (cui corrisponde un giro d’affari vertiginoso) consiste nell’imitazione e falsificazione di prodotti italiani da parte di aziende straniere, o anche (spesso) aziende italiane delocalizzate. Ven- gono utilizzate materie prime «altre», ma con ri- chiami semantici e visivi che sfruttano il brand ita- liano: un tripudio di bandiere tricolori e di scritte tipo passione, gusto, tradizione, sapore italiano; con immagini del Vesuvio o del Colosseo sullo sfondo. Ma di italiano non c’è nulla. Nell’ italian laundering abbiamo la diretta acquisi- zione di marchi prestigiosi da parte di soggetti terzi per svuotarli di tradizione e qualità e usarli per vei- colare prodotti di origine incerta, ambigua e spesso pericolosa. Come incerta, ambigua e pericolosa può essere la provenienza dei capitali impiegati per queste operazioni. Non si può escludere che, a volte, essi abbiano un odore non troppo pulito, ma- gari proprio di mafia. IL COMMENTO PERUNCIBO«GIUSTO» DI G IAN C ARLO C ASELLI Oltre che sano e buono, il cibo dovrebbe essere anche «giusto». Spesso però non è così, come dimostra l’espansione delle «agromafie». Di cui il caporalato è soltanto una manifestazione. Parla il presidente del comitato scientifico dell’«Osservatorio sulla criminalità nell’agroalimen- tare», organismo della Coldiretti.
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