Missioni Consolata - Novembre 2015
ETIOPIA zione, ad esempio le cooperative agricole. «Le organizzazioni internazionali - ci confida - non possono dire che si occupano di diritti umani. Qui è un argomento tabù». Guardiano per il Corno L’Etiopia è il paese chiave per la geopolitica del Corno d’Africa, perché funge da stabilizzatore, tra la Somalia degli al Shabaab (che intervengono anche in Kenya) e l’Eritrea del dittatore Isaias Afewerki, da cui la popola- zione cerca di fuggire con ogni mezzo. È inoltre un paese a pre- valenza cristiana (seppur orto- dossa) che si contrappone alle islamiche Somalia e Gibuti e, in parte anche Eritrea, influenzate dalla vicina penisola arabica. Gli Usa e l’Europa vogliono quindi mantenere buone relazioni con il governo etiope e scommettono sulla sua stabilità. Proprio ad Arba Minch la prima cosa che si vede appena atterrati al piccolo aeroporto è un hangar protetto e con doppia recinzione di filo spinato e blocchi di ce- mento. Talvolta, da una porta esce un militare bianco, in divisa mimetica. Nel recinto alcune grosse antenne paraboliche in co- lore sabbia. È la base Usa dei droni, velivoli telecomandati da combattimento. Partono da qui, pilotati dall’altro capo del mondo, per andare a bombardare gli al Shabaab in tutta l’area del Corno. Il contingente Usa, alcune decine di persone, è alloggiato al Para- dise Lodge, uno dei migliori alber- ghi della città, sulla falesia. Hanno una zona tutta per loro, lontana da occhi indiscreti e protetta da guardie locali. L’Etiopia è anche terreno di con- correnza tra gli occidentali e la Cina. Questa, oltre a essere il mo- dello economico del governo etio- pico, sta attuando da oltre un de- cennio cospicui investimenti nel paese. Ad Addis Abeba si vedono nume- rosi cantieri finanziati da banche cinesi e realizzati da imprese ci- nesi. Come l’estensione dell’aero- porto della capitale o la nuova sede dell’Unione Africana, dono del governo cinese a quello giustizia . In effetti molti opposi- tori politici sono stati perseguitati e arbitrariamente arrestati, men- tre la tortura è ancora molto uti- lizzata, come denunciano Human Rights Watch e Amnesty Interna- tional 5 . Media sotto controllo La situazione della stampa è an- che peggiore. Il regime controlla tutto l’apparato mediatico, inter- net e l’unica compagnia telefo- nica ed è diventato particolar- mente repressivo da inizio 2014, molto probabilmente in vista delle elezioni di maggio. Pochi sono i giornali indipendenti e hanno vita dura. Solo nel 2014 sono state sei le testate indipen- denti fatte chiudere e 30 i giorna- listi che hanno lasciato il paese per paura. Nell’aprile 2014 sono stati arrestati nove blogger del collettivo Free Zone 9 e altri tre giornalisti. Il potere utilizza la dura legge anti terrorismo varata nel 2009, accusando media pri- vati e operatori dell’informazione di essere in connivenza con i ter- roristi. Una settimana prima dell’arrivo di Barak Obama il 27 luglio (prima visita di sempre di un presidente Usa in carica nel paese) per la Conferenza internazionale fi- nanza e sviluppo, due blogger e quattro giornalisti tra i quali il noto Reeyot Alemu sono stati li- berati. Come per dare un conten- tino agli Usa, che avevano criti- cato ufficialmente la detenzione degli operatori dell’informazione. Alemu critica Obama per aver detto, nel suo discorso, che il go- verno etiopico è stato democrati- camente eletto: «Non è eletto democraticamente, perché c’e- rano solo media governativi e la gente non ha potuto avere abba- stanza informazione. […] Hanno anche arrestato molti leader del- l’opposizione e giornalisti. Hanno vinto le elezioni usando violazioni dei diritti umani». Quello che osserviamo è una pre- senza forte dello stato in tutti i settori della società. I funzionari pubblici e gli eletti ai vari livelli, sono tenuti d’occhio e al minimo problema vengono trasferiti. L’ef- fetto positivo è sicuramente una riduzione della corruzione, molto al di sotto di quanto si trova in al- tri paesi del continente. Anche la criminalità è mantenuta a livelli bassi, e si circola tranquillamente nelle grandi città dove la sicu- rezza personale non sembra in pericolo. «La società civile è debole e co- munque ha poco margine di ma- novra», ci confida un operatore umanitario. Più che associazioni, qui ci sono le cooperative create dallo stato allo scopo di migliorare la produ- © Domenico Brusa
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