Missioni Consolata - Ottobre 2015

IL PAPA DEL SUD E IL RISVEGLIO DI UN CONTINENTE 82 MC OTTOBRE 2015 Persone che conosco Personaggi e luoghi con gli occhi di Gianni Minà Questa rubrica Giornalista, scrittore, documentarista, presentatore e au- tore televisivo, Gianni Minà è una firma e un volto amato e conosciutissimo, non soltanto in Italia. Appassionato di cal- cio, musica e America Latina, nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera ha incontrato migliaia di persone e personaggi. Proprio da questa circostanza è nata «Persone che conosco», la rubrica che da oggi lui firmerà per noi. Siamo consapevoli che non tutti concorderanno con le sue opinioni e i suoi giudizi, ma confidiamo che il libero e civile dibattito costituirà un arricchimento. A Gianni vada il mio personale benvenuto assieme al ringraziamento del diret- tore e della redazione. Paolo Moiola U no degli eventi più importanti negli equilibri inter- nazionali di questi ultimi anni è stato certamente il riavvicinamento fra gli Stati Uniti d’America e la Rivoluzione cubana. n atto di coraggio del presidente nordamericano Obama, possibile però solo ora che il primo presidente nero degli Stati Uniti è arrivato all’ultima parte del suo se- condo mandato alla guida del paese più poderoso del mondo. Possibile soprattutto grazie alla mediazione di un papa speciale (in visita proprio a Cuba e Stati Uniti dal 19 al 28 settembre), che non ha avuto dubbi sull’esigenza di parlare seriamente di pace, e non rimanere prigioniero, anche lui, delle troppe belle parole che circolano in un mondo abituato ormai a non essere conseguente. Quello che tuttavia non hanno voluto considerare i media occidentali, specie quelli italiani, è che questo inatteso cambio nella politica degli Stati Uniti riguardo all’isola della Revolución è avvenuto perché tutta l’America Latina sta con Cuba, perfino le nazioni come Colombia e Messico dilaniate dalla violenza e da sempre molto vicine agli inte- ressi del governo di Washington. In America Latina, in questo momento, ci sono almeno dieci paesi che hanno governi di centrosinistra o addirittura di sinistra dichiarata, come la Bolivia indigena del presi- dente Evo Morales, quello che ha fatto dono a papa Fran- cesco, nella sua visita di luglio a La Paz, di un crocefisso guarnito di falce e martello, o l’Ecuador del presidente Ra- fael Correa, laureato in economia e con un master e un dot- torato negli Stati Uniti e un altro master conseguito all’Uni- versità cattolica di Lovanio in Belgio. Queste sono prove in- confutabili del riscatto di un continente che solo vent’anni fa aveva al potere feroci dittature militari e ora fa incetta di conquiste democratiche (per esempio, nel campo dei diritti nel lavoro e nella sanità) le quali, al contrario, incominciano a essere negate a molti proprio nei paesi dell’Occidente. Ancora un esempio: chi violenta la natura è punibile, nelle nuove Costituzioni di Bolivia ed Ecuador, con le stesse pene inflitte a chi offende un essere umano. Questa non è forse modernità? Non è forse etica? P iaccia o non piaccia, tutto questo è stato ed è possi- bile anche per la resistenza, nel tempo, di un paese come Cuba, o grazie al coraggio di un leader d’avan- guardia come Hugo Chávez, il defunto presidente del Venezuela che, proprio per la svolta impressa non solo nel suo paese ma anche in buona parte delle altre terre di Simón Bolívar (1783-1830), ha anticipato il cambio che ora si vive nel continente. Al cospetto di questa trasformazione l’informazione occi- dentale fa a gara a chi, pateticamente, è più capace di irri- dere le speranze e i tentativi di liberazione dell’America Latina. Gli interessi degli ex padroni o di quelli che furono i conquistadores non si discutono. Nel frattempo, il Brasile, che dalla presidenza di Lula Da Silva fino a Dilma Rousseff ha condiviso quella svolta poli- tica, è diventato la settima potenza economica del mondo. Un fatto che, come hanno dimostrato le intercettazioni (ovviamente illegali) della Nsa statunitense (insieme alla Cia, i servizi segreti Usa, ndr ) ai danni della Petrobras bra- siliana, disturba le strategie commerciali del governo di Washington. Un paese, il Brasile, che un tempo era consi- derato solo «la terra del samba e del calcio», oggi, insieme a Sudafrica, Russia, India e Cina (in pratica, metà dell’uma- nità), è parte dei Brics, il gruppo principale tra i cosiddetti paesi emergenti. Alla fine di settembre (dal 28 al 30) si sono riuniti a Quito, in Ecuador, alcuni fra gli intellettuali e i pensatori più pre- stigiosi del continente latinoamericano. Una specie di pro- seguimento di quello che nel 2001 fu il Forum di Porto Ale- gre e che, insieme all’insurrezione zapatista in Messico, venti anni fa (era il 1994), ha il merito, ormai riconosciuto, di aver fatto risvegliare la coscienza di un continente per tanto tempo schiacciato. L’ Encuentro latinoamericano progresista (Elap) è un ap- puntamento organizzato, per il secondo anno, dal Movi- miento Alianza Pais (il partito che sostiene il governo ecu- doriano) e voluto con forza dal presidente Correa, che continua il discorso portato avanti per anni da Cuba e riba- dito da Hugo Chávez. Come si può capire, completamente assente era l’informa- zione italiana. Per questi media il mondo nasce e muore in Occidente, pur essendo ormai chiaro che quello di oggi e di domani è un mondo multipolare e che le istituzioni occi- dentali (come la Ue) politicamente ed eticamente spesso non rappresentano più nessuno. Forse non è un caso che questo vuoto di attenzione e di conoscenza sia in questi ultimi anni coperto solo da papa Francesco che, quando lo scorso luglio andò in visita in Ecuador (oltre che in Bolivia e Paraguay), davanti a una folla di un milione di persone, affermò: «I poveri sono il debito più grande che ancora abbiamo con l’America La- tina». Un credo, come l’avversione alle guerre, che, in questo momento, è ribadito con sincerità solo da una parte della Chiesa cattolica, quella più vicina al papa ve- nuto dal Sud. Gianni Minà

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