Missioni Consolata - Ottobre 2015

sposarsi, ma avere un salario. Non accettavano più di andare in città con gli stessi pantaloncini rossi, di serie, forniti dalla missione. Ora volevano comprare jeans e scarpe firmate. Con il denaro arrivò il motore di coda sulle barche che facilitava la vita sul fiume e permetteva di andare a pescare più lontano. Entrò il fucile a sostituire l’arco e le frecce 3 , le reti da pesca al posto dei metodi tradi- zionali. Strade, alcol e lavoro schiavo Il 31 dicembre 2002 ci fu l’ultimo viaggio lungo un tratto di strada che dalla missione proseguiva per 110 chilometri. Poi la foresta riprese il soprav- vento. Lungo questo tratto c’erano almeno quat- tro villaggi (come le aldeias Ajarai I e II) che erano seguiti, se non in modo permanente, al- meno quando i missionari in transito si fermavano per uno scambio e un accompagnamento. Con l’abbandono della strada divenne impossibile l’ac- compagnamento da Catrimani e d’altra parte non si riuscì a formare un gruppo permanente che po- tesse seguire quelle comunità. Esse così si avvici- narono al villaggio di Sao José e alla città di Cara- caraí. Vari fazendeiros occuparono illegalmente la terra indigena. Per quelle comunità fu un periodo davvero disastroso. Si intensificarono le incur- sioni nei centri urbani e si moltiplicarono i pro- blemi a causa dell’alcol che era venduto dai mer- canti della regione e del lavoro semischiavo prati- cato nelle aziende agricole che erano sorte all’in- terno della terra indigena. Le «cose» come fattore disgregante Al centro della missione c’era una piccola casa che per lungo tempo servì come luogo di scambio con gli Yanomami. Artigianato e prodotti coltivati dagli Yanomami erano scambiati con manufatti dei missionari, ottenuti questi tramite la vendita di prodotti artigianali o come aiuti (avuti per i progetti o da amici e familiari). Questa piccola at- tività commerciale non era però del tutto benefica per la comunità influenzando i comportamenti di missionari e indigeni. La nuova conformazione della équipe della missione, la diminuzione dei progetti, il costo del viaggio aereo e gli scambi dis- parati ne causarono la cessazione. Poi il desiderio di comprare cose che non erano nelle opzioni della missione fece sì che gli indigeni scegliessero di ac- quistare i loro prodotti in città, pagando il tra- sporto. Sembra banale, ma questo fatto cambiò molto le relazioni tra gli indigeni, dato che alcuni avevano la possibilità di acquistare beni e distribuirli, men- tre altri non potevano. Ma cambiò anche l’atteg- giamento verso i membri dell’équipe missionaria. Il fattore economico era dunque divenuto il nuovo modo di «integrare gli indigeni nella società nazio- nale» dimenticando specificità e differenze. Per- tanto, grandi, rapidi e profondi cambiamenti sta- vano avvenendo senza dare agli indigeni il tempo di discernere ciò che fosse meglio. Negli anni que- sta tendenza si è accentuata, con l’entrata di altri programmi del governo, in futuro i cambiamenti potrebbero essere ancora più grandi e probabil- mente più disastrosi. Attrazioni fatali? Al termine dei primi 40 anni di missione tra gli Yanomami vedemmo come la città stesse incan- tando gli Yanomami. Oggi, dopo 50 anni, pos- siamo vedere come molti di essi vivono nei centri urbani, chiedono di studiare e laurearsi. La politica economica del paese sta costringendo allo spopolamento delle zone interne per fare spa- zio alla produzione di materie prime per l’esporta- zione. I popoli indigeni e le loro terre sono nel mi- rino di questa politica e il primo obiettivo è quello di smantellare i loro diritti costituzionalmente ga- rantiti. Laurindo Lazzaretti 48 MC OTTOBRE 2015 N OTE (1) Su Laurindo Lazzaretti si legga: Paolo Moiola, La biodiver- sità è indigena , dossier MC, maggio 2015. (2) Oggi gli indigeni kaingang vivono in condizioni precarie in quattro stati brasiliani. Si stimano essere circa 32.000 persone. (3) Secondo le stime di padre Dalmonego, nelle comunità ya- nomami del Catrimani ci sarebbero una dozzina di fucili su una popolazione di circa 900 persone. A sinistra: uno Yanomami, orgogliosamente impettito, con viso e corpo dipinti. Pagina seguente : molte donne yanomami si abbelliscono con tre «bastoncini» (spesso di banale paglia) infilati nel mento e uno trasversale nel naso . © Daniele Romeo / 2015

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