Missioni Consolata - Ottobre 2015
OTTOBRE 2015 MC 19 U n punto di forza è senza dubbio la vivacità del nostro carisma, la mis- sione rivolta ai non cristiani nel segno della Consolazione. L’iden- tità nostra, il nostro Dna è vivo, originalissimo, e chiede di esprimersi oggi in forme nuove, diverse. È sempre se stesso e proprio per questo capace di rinnovarsi, di rivelare aspetti inediti a seconda delle epoche, delle culture, delle circostanze. Un altro aspetto di forza è la passione missionaria che dav- vero non ci manca. Di debolezze ne abbiamo. Una è rappresentata dalle quotidiane sfide della vita comune, che chia- mano ciascuna di noi a uscire da se stessa, verso la «mistica dell’incontro», vissuta non solo con l’altro là fuori, ma prima di tutto, con la sorella dentro casa nella fruttuosa convivialità delle differenze. Siamo in cammino, un cammino non facile ma che assolutamente vale la pena di percorrere. Non si può pensare la missione se non a partire dalla co- munione. Il futuro dell’Istituto? Lo immagino luminoso. Dico luminoso, non grandioso. Stiamo diminuendo nu- mericamente, ridimensionando e ridisegnando le nostre presenze, in vista di un rilancio secondo il fine specifico dell’Istituto che è la missione ad gen- tes nel segno della Consolazione. Per il futuro vedo un Istituto piccolo, umile, gioioso di essere ciò che è chiamato ad essere, impegnato a «fare bene il bene, senza rumore». P ersonalmente non sono eccessivamente preoccupato per il futuro dell’Istituto, sono più attento alla qualità dell’Istituto. Mi guida una frase della grande santa Edith Stein, Benedetta della Croce: «Noi spesso non sap- piamo dove Dio ci conduce. Ma sappiamo che è Lui a condurci. E questo ci basta!». L’Istituto è opera di Dio, è nelle sue mani. Era questa la certezza dell’Al- lamano e sulla sua scia anche la nostra. I punti di forza della nostra famiglia missionaria sono diversi. Prima di tutto la persona dei missionari. Nelle no- stre Costituzioni diciamo chiaramente che «la per- sona del missionario è il primo bene dell’Istituto», la meraviglia più grande è incontrare questi testi- moni, e vederli vivere e lavorare con gioia e gene- rosità nei luoghi più sperduti e difficili dell’umanità. Legata alle persone c’è anche la ricchezza dell’in- terculturalità : appartenere a diversi popoli e cul- ture e cercare di essere segno insieme della comu- nione e della solidarietà universale, vivendo e ser- vendo insieme la missione, è un grande messaggio per la nostra società oggi. L’Allamano parlava di «spirito di famiglia». Certamente siamo umani e, grazie a Dio, non siamo perfetti. Abbiamo anche noi le nostre difficoltà e i nostri problemi a essere fedeli alla grande voca- zione che Dio ci ha donato. Anche noi combattiamo ogni giorno con le nostre piccole e grandi infedeltà e fragilità, con il nostro individualismo che rende, a volte, dura la vita comunitaria, con una mancanza di spiritualità forte, per cui ci lasciamo prendere dai modi e dai ragionamenti del mondo. Inoltre, fac- ciamo fatica ad aprirci e accogliere il nuovo, il rin- novamento… C ome vede il futuro dell’Istituto. Quali sono secondo lei i punti di forza e quali, qualora ci fossero, le debolezze? • Consolata | Missione | Vocazione | Laici • MC ARTICOLI
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