Missioni Consolata - Ottobre 2015

18 MC OTTOBRE 2015 L a storia della mia vocazione è molto sem- plice e molto «umana». Ancora molto gio- vane ho sentito la necessità di condividere la mia vita con i più poveri, da questa spinta iniziale è nato tutto il resto. Sono stati i poveri che mi hanno portato a Gesù, e poi è stato Gesù che mi ha riportato ai poveri. Per questo dono ringrazio in primo luogo il Signore che mi ha fatto «degno» di questa «sublime vocazione», come la chiama il no- stro fondatore, il beato Giuseppe Allamano. In se- condo luogo ringrazio i miei confratelli missionari che mi hanno aiutato e plasmato sulle orme della missione, e infine ringrazio tutte le persone che ho incontrato finora nella mia vita che mi hanno aiu- tato a essere quello che sono, senza dimenticare la mia famiglia che con la sua presenza e vicinanza mi ha insegnato i valori che contano e che non si di- menticano più. Ho scelto l’Istituto dei Missionari della Consolata perché sono stati i primi missionari che ho incontrato sulla mia strada e che, ora, amo come la mia vera famiglia. I n questi anni di servizio all’Isti- tuto, in cui mi trovo a visitare tanti paesi, tante comunità e tanti missionari, la cosa che più mi emoziona è la forza della debolezza. Mi meraviglia sempre e mi fa cadere in ginocchio a ringraziare, vedere che piccoli uo- mini in posti sperduti e difficili, con pochi mezzi, tra tantissimi problemi, possono cambiare la storia di un popolo, di un gruppo, sono riferimento e segno di speranza per tanti, sono luci accese in mezzo alla notte del mondo. Un’altra emozione forte te la danno sempre i bambini. Lo sguardo dei bambini, la loro gioia di vivere, la loro pura bellezza sono sempre e ovunque un’emozione fortissima che ti riempie il cuore e ti fa camminare. Infine mi piace ricordare che, come missionario, mi sento sempre a casa sua dovunque sia e dovunque vada. Che spettacolo poter trovare sempre delle persone amiche che ti accolgono, ti fanno trovare il calore di una famiglia. Che dono grande l’organiz- zazione e lo spirito missionario. H o deciso quando avevo circa 22 anni e lavoravo come infermiera professionale in un ospedale. Il contatto coi ma- lati ha suscitato in me una serie di domande sul senso della vita e della sofferenza. Da lì è iniziato il mio avvicinamento al Signore e il progressivo e in- tenso desiderio di consacrarmi a Lui. Ero indecisa tra la clausura e la missione ad gentes . Ho cono- sciuto i Missionari della Consolata e, dopo un cam- mino di accompagnamento spirituale con uno di loro, ho chiesto di conoscere le Suore Missionarie della Consolata. A 23 anni sono entrata nel mio Isti- tuto e… eccomi qua. Da allora sono passati, velocis- simi, altri 27 anni! C’ è un’emozione che provo tante volte vi- sitando i nostri po- sti, i nostri popoli: è quella di sentirmi accolta, di ri- cevere tantissimo. Questo mi fa sentire piccola da- vanti a tanta gratuità. L’emozione di arrivare alla missione di Arvaiheer in Mongolia e trovare donne, vestite col bellissimo abito tradizionale, che ci of- frono la loro bevanda tipica e la sciarpa blu in se- gno di accoglienza. Di arrivare a Vilacaya, Bolivia, e trovare i rappresentanti del popolo indigeno che ci ornano con pannocchie di mais e un aguayo (panno tipico boliviano, coloratissimo) in segno di benvenuto; di arrivare a Gibuti e trovare i ragazzi del centro di alfabetizzazione di Ali Sabieh coi loro maestri che per dimostrare l’amore verso le nostre sorelle ci decorano le mani con impasto di henna … e tanti, tanti gesti di accoglienza che ci fanno speri- mentare come la missione è davvero uno scambio, è un dare e un ricevere. MonDo Consolata Quando ha scelto di diventare missionario/a? Cosa l’ha spinto/a a lasciare tutto per dedi- carti a Dio e alla missione? E perché proprio in questo Istituto? Mi racconti l’emozione più grande che ha provato girando il mondo e incontrando tante realtà in questi anni.

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