Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2015
MC ARTICOLI AGOSTO-SETTEMBRE 2015 MC 55 In generale i dirigenti di Ong afri- cane o piccoli imprenditori della classe media europeizzata, sono impostati sul nostro modello di società e vedono di buon occhio l’arrivo di qualunque investi- mento. Ma con l’aumento delle già enormi differenze tra ricchi e poveri, ho notato anche una mag- giore presa di coscienza da parte delle Ong locali. La società civile africana è cresciuta, questo è po- sitivo. Si sono resi conto che è in gioco la cultura, l’essere africani». «Professione volontario»? Ci chiediamo se ha ancora senso la cooperazione internazionale. «Io sono per il sì. Sono sicuro». Ma ormai è diventato un lavoro come un altro, senza le motiva- zioni di ieri. Esistono pure dei corsi universitari per prepararsi. È come se il volontariato si fosse professionalizzato. «Ribalterei il discorso. Secondo me si è deprofessionalizzato, per- ché le Ong hanno avuto una grande occasione per far valere la propria maggiore professionalità, ad esempio il fatto di relazionarsi in un certo modo con le persone, avere una visione che parte da de- terminati valori. Quella dei valori non è una questione morale, è proprio uno strumento che ti per- mette di lavorare meglio. Quindi una parte della professionalità, anche quella di accontentarsi di stipendi bassi, che non incidano troppo sul budget del progetto, è una caratteristica professionale perché avrai più fondi da investire nelle attività aumentandone l'effi- cienza». Alberto non ha molti riscontri sul suo libro da parte del mondo Ong, nonostante la tematica. «Ho avuto tante risposte positive da parte di persone comuni, anche gente che non si occupa dell’argo- mento o di Africa. Da parte delle Ong ho avuto solo due feedback : uno diretto e l’altro tramite la pre- sentazione del libro sul sito istitu- zionale dell’organizzazione. Al di fuori di questo non ho rice- vuto né critiche, né apprezza- menti, pur avendo scritto a molti, comprese le federazioni di Ong». Qualcosa di più Le riflessioni contenute nel libro di Alberto sono estese a livello ampio all’intera società. «Sento la necessità di un nuovo umanismo. Ma non intendo fare una nuova associazione. È un cammino da fare a livello in- dividuale, fin dalle più piccole cose: mettere determinati valori in cima alla scala delle proprie scelte quotidiane, ad esempio nel consumo, le scelte di sobrietà, ecc. Sono convinto che, se si dà importanza a queste cose, se non le si considera delle bazzecole, ma cose importanti per la nostra vita, ci si ritroverà concordi su obiettivi comuni. Occorre un cambiamento di priorità di va- lori». Un cambiamento sulla lunga scadenza ma con risultati in tempi ragionevoli: «Altrimenti si perde fiducia. Penso a un nuovo che però riparta dal vecchio, dai valori che già c’erano». Esperienze «Mi piacerebbe che tutte le per- sone, anche in altri campi, che sentono questa esigenza, riuscis- sero a fare una cosa comune. Come un sito web in cui presen- tare le esperienze che già funzio- nano in questo “ripartire da ieri”. Per dare un messaggio che le cose si possono realizzare. L’im- portanza del fare, del concreto. Vorrei che uscissero allo scoperto quanti condividono questo pen- siero e insieme si riuscisse a con- cretizzarlo, realizzando progetti in Africa in un certo modo. Per me non è un sogno, deve essere una realtà». Marco Bell o Nota: per volere dell’intervistato e coerenza con il libro, in questo testo non si fanno nomi di persone o enti. Tuttavia i «non nomi», come li chiama Zorloni, corrispondono a persone e fatti real- mente accaduti. # In alto a sinistra : alunni in una scuola del Burkina Faso. # A fianco : l’équipe di Alberto a pranzo a casa sua, Etiopia 2003. # Sopra : Alberto preleva il sangue a un dromedario, Etiopia 2003. © Alberto Zorloni © Alberto Zorloni
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=