Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2015

38 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2015 di me, stringeva la borsetta e borbottava: «’Sti ne- gri, ma perché non se ne tornano a casa loro!», e io rispondevo freddamente astiosa: «Mi dispiace per lei ma casa mia è proprio a due fermate da qui, scendo subito non si preoccupi!». L’Italia ero anch’io quando, in Canada in vacanza, soffrivo le pene dell’inferno perché non riuscivo a trovare i pomodori pelati giusti per fare un bel ragù e man- giare le tagliatelle come avevo imparato da mia mamma o cercavo canzoni italiane alla radio e trovavo solo nostalgiche note cantate da Mino Reitano o Peppino di Capri che non amavo parti- colarmente, invece di Baglioni o Battisti che ave- vano accompagnato la mia adolescenza. L’Italia ero anch’io quando, dopo tanti anni di permessi di soggiorno rinnovati finalmente ero riuscita ad ot- tenere la cittadinanza. Per anni mi ero sentita né carne né pesce, né somala né italiana. Ero stra- niera nella mia stessa terra; se volevo andare a fare un corso all’estero non potevo perché non mi rilasciavano il visto; se pensavo di cercarmi un la- voro, desistevo subito: chi mai avrebbe assunto una straniera e per di più disabile? L’Italia ero an- ch’io e forse anche di più quando arrivò il mo- mento del giuramento e l’ufficiale comunale mi fece alzare la mano destra, sentii il cuore accele- rare il battito e la gola seccarsi – «Ripeta dopo di me», disse il messo comunale, ed io con voce tre- mante recitai dopo di lui: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari di- gnità sociale di tutte le persone». Parole bellis- sime che ripetei lentamente, assaporandone il si- gnificato, pensando agli articoli della Costituzione Italiana da cui erano stati presi e che avevo stu- diato a scuola nelle lezioni di educazione civica; che menti illuminate avevano redatto una sessan- tina di anni prima, quando l’Italia si stava ripren- dendo dalla disperazione, dalla devastazione della Seconda guerra mondiale; quando quelle stesse menti di giovani uomini avevano lottato per la li- bertà di pensiero ed espressione, per l’ugua- glianza tra gli uomini e le donne. Forse quelle stesse parole che avevo appena detto, dovrebbero essere recitate da tutti gli italiani che nascono e crescono in questa meravigliosa terra e non si rendono conto della ricchezza e della profondità che si cela dietro quel trascurato libro che racco- glie gli articoli della Costituzione. I o sono l’Italia, quella di oggi, moderna, multi- culturale e multietnica, ricca di sfumature e diversità, «bianca, nera, rossa, gialla perché, Lui ci vede uguali davanti a sé» come recita una canzone che cantavo da bambina. L’Italia sono anche io e non importa il colore della mia pelle o le mie origini; non importa se non rap- presento il classico canone di bellezza italiana perché ci sono altri canoni che rappresento: quelli culturali, quelli di pensiero, quelli di educazione e di vita trascorsa: ho tutti i diritti di essere Miss Italia, perché è l’Italia di oggi che rappresento! L’Italia sono anch’io e siete tutti voi, italiani da ge- nerazioni o da prime, seconde, terze generazioni. (*) Rahma Nur, Volevo essere Miss Italia, pubblicato su Lingua Madre Duemiladodici - Racconti di donne straniere in Italia , Edizioni SEB27. Il racconto di Rahma Nur ha vinto il Premio Speciale Rotary Club Torino Mole Antonelliana al VII Concorso letterario nazionale Lingua Madre, 2012. RAHMA NUR nasce a Mogadiscio, in Somalia, il 14 dicembre 1963. Arriva in Italia nel 1969 in cerca di cure mediche a causa di un serio problema di salute. Qui, infine, si stabili- sce e nel 1989 riesce ad acquisire la cittadinanza italiana. Vive e studia a Roma e dal 1993 insegna in una scuola pri- maria statale. © IRIN - Kate Holt

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