Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2015

di Gigi Anataloni EDITORIALE AGOSTO-SETTEMBRE 2015 MC 3 Ai lettori SOLO PER AMORE I l vescovo di Orano (Algeria), il domenicano Pierre Claverie, dopo il massacro dei sette monaci trappisti di Nôtre Dame de l’Atlas , avvenuto quaranta giorni prima di essere a sua volta assassina- to il 1° agosto 1996, rispondendo indirettamente a quanti gli domandavano perché lui e molti al- tri cristiani avessero deciso di rimanere nella tormentata terra di Algeria, in un’omelia tenuta il 23 giugno 1996 a Prouilhe (Francia), dove si era recato per un viaggio, così diceva: «Dopo l’inizio del dramma algerino mi è stato chiesto più di una volta: “Ma cosa ci fate voi laggiù, in Algeria? Perché ri- manete in quel paese? Ma scuotete finalmente la polvere dai vostri calzari, e tornatevene a casa”. A casa […] ma dov’è davvero la nostra casa? […] Noi siamo in Algeria per amore di questo Messia croci- fisso, solo e unicamente per amore suo! Non abbiamo alcun interesse da salvare, alcuna influenza da difendere, non siamo stati spinti da alcuna perversione masochista, non abbiamo alcun potere, ma siamo laggiù come al capezzale di un amico, di un fratello ammalato, stringendogli la mano e asciu- gandogli il sudore dalla sua fronte! Solo per amore di Gesù poiché è lui che sta soffrendo a motivo di questa violenza che non risparmia nessuno, crocifisso nuovamente nella carne di migliaia di innocen- ti. Come Maria, la Madre, e l’apostolo Giovanni, anche noi ci troviamo ai piedi della croce su cui Gesù muore abbandonato dai suoi e schernito dalla folla. Non è forse il dovere di ogni cristiano esser pre- sente nei luoghi dove qualcuno viene respinto e abbandonato? […] Dove può trovarsi la Chiesa, che è il corpo mistico di Cristo, se non in prima linea? Io credo che muore del non essere vicina alla Croce del suo Signore. Per quanto possa sembrare paradossale, e san Paolo lo ha dimostrato con chiarezza, la forza, la vitalità, la speranza cristiana, la fecondità della Chiesa vengono appunto di là, da nessun altro luogo e in nessun altro modo. La Chiesa si inganna e inganna il mondo quando si allinea con le altre potenze, come un’organizzazione umanitaria o come un movimento evangelico amante della spettacolarità. In quel modo essa potrà brillare, ma non certo bruciare del fuoco dell’amore di Dio, “forte come la morte”, come dice il Cantico dei Cantici, perché qui si tratta davvero di amore, di amo- re innanzitutto, e solo di amore, una passione di cui Gesù ci ha trasmesso il gusto e ha tracciato il cammino. “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per chi si ama!”». (Jean-Jacques Pé- rennès, Vescovo tra i musulmani. Pierre Claverie, martire in Algeria , Città Nuova, 2004). H o trovato questa citazione nella lettera che il nostro superiore generale, padre Stefano Ca- merlengo, ha mandato alla fine di giugno per aggiornare i confratelli sulla vita dell’Istituto. Mi è parsa troppo bella per non condividerla con voi. Sono parole che a quasi vent’anni di di- stanza non hanno perso il loro valore, anzi, considerando l’impressionante numero di martiri di questi primi anni del terzo millennio, sono più vere che mai. A dispetto dei mille luoghi comuni che si ostinano a etichettare la Chiesa con i suoi errori veri o presunti: crociate, inquisizione, preti pedofi- li, conquista, caccia alle streghe, omofobia, scandali finanziari, la Chiesa continua a testimoniare l’a- more di Dio per gli uomini con la forza della mitezza di migliaia e migliaia di persone che continuano a resistere all’odio e alla violenza. Uomini e donne che rimangono al proprio posto sfuggendo l’esposi- zione mediatica, che testimoniano la potenza dell’amore nel nascondimento, nella vita di ogni giorno e nei piccoli atti di perdono e compassione, e opponendo solidarietà all’indifferenza, vicinanza al di- stacco, condivisione allo sfruttamento, relazione personale alla massificazione indifferenziata. Tempo fa - era il dicembre 2012 -, proprio in questa pagina, ricordavo un «fante della missione», che non aveva certo la stoffa dell’eroe, ma era ripartito a 72 anni verso il centro dell’Africa. Un missiona- rio semplice che oltre ai 33mila rosari confezionati con le sue mani, ha seminato preghiera, amore e serenità per 42 anni in Zaire, nel frattempo diventato Congo. Fino all’ultimo, quando debilitato da un’improvvisa malattia è stato rimpatriato d’urgenza e, dopo una sola settimana, è andato a godere la beatitudine dei santi, per sempre. Padre Tarcisio Crestani (7/12/1940-30/05/2015), 775° missiona- rio della Consolata a terminare la corsa e ricevere il premio, è vissuto e ha concluso la sua lunga cam- minata nel nascondimento e lontano dalla terra che ha tanto amato. Ma la sua umile testimonianza, preziosissima agli occhi di Dio, ha lasciato un segno perché si è lasciato bruciare, senza pretese, dal fuoco dell’amore di Dio, fino alla fine, rinunciando anche al desiderio di morire là, in mezzo alla gente per cui si era speso, in quel di Isiro, tra i bambini del Gajien. Ultima offerta di totale povertà, segno di una vita spesa, pur con limiti e contraddizioni, «tutta per Gesù».

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